Chi è Cornelius Mallory?
Non un eroe, non un antagonista. Eppure la sua sola presenza basta a far cambiare temperatura alla scena. Quando compare, il silenzio si fa più denso, le parole si pesano una ad una, come se l’aria stessa aspettasse il suo giudizio. L’Arcidiacono Cornelius Mallory è una delle figure più affilate e ambigue del nuovo romanzo Il Carnefice del Silenzio. La sua autorità non ha bisogno di alzare la voce. La sua forza non viene dalla violenza, ma da qualcosa di più tagliente: la fede cieca nella disciplina ecclesiastica.
Appartiene a un’epoca che non vuole più mostrarsi, eppure ne incarna ogni fibra. Cammina nei luoghi del sacro con passo misurato, non per cercare la verità, ma per contenere le crepe che si aprono nei muri della Chiesa.
Mallory non è lì per aiutare
Non è un investigatore, né un occultista. Non ha simpatia per le ombre, ma ha imparato a conviverci. In certi momenti, sembra quasi che conosca il pericolo meglio di quanto voglia ammettere. Quando parla di certi testi, di certi simboli, non lo fa con stupore, ma con rassegnazione.
C’è qualcosa in lui che sa più di quanto dice, ma che non dirà mai. Perché alcune verità – secondo lui – devono restare sepolte.
Il suo silenzio è una scelta
Nel mondo gotico e spietato dell’Archivio Blackwood, Mallory rappresenta la soglia oltre la quale il sacro si contamina. Non crede nei demoni, ma sa che il Male può indossare abiti liturgici. E allora interviene. Non per fermarlo, ma per evitare che se ne parli.
È un guardiano, ma delle apparenze. Eppure, nel corso del romanzo, la sua presenza lascia intuire che, sotto la tonaca inamidata, c’è molto più che burocrazia e dogmi. C’è un conflitto antico, forse mai vinto.
❝ Un uomo fatto d’inchiostro e omertà ❞
Mallory è un personaggio che divide. Non è facile amarlo, ma è impossibile ignorarlo. Nei suoi sguardi, nella rigidità dei suoi gesti, c’è qualcosa di profondamente umano: la paura di ciò che non si può controllare. E forse anche un passato che preferirebbe dimenticare.
Nel suo modo di pronunciare certe parole – “misericordia“, “blasfemia“, “dovere” – si avverte una stanchezza millenaria, come se portasse sulle spalle il peso non della fede, ma della sua corruzione.
Perché Mallory è importante?
Perché rappresenta quella parte del mondo che preferisce tacere, anche davanti all’orrore. Che sceglie l’ordine, anche quando il prezzo è l’oblio. Nel microcosmo de Il Carnefice del Silenzio, ogni personaggio combatte con il proprio ruolo. Mallory combatte per mantenerlo intatto, anche quando il suono della verità comincia a farsi sentire.
E quando accade, lo scontro con Edgar Blackwood diventa inevitabile. Non un duello fisico. Ma una guerra tra modi opposti di intendere la giustizia.
Perché nel mondo dell’Archivio Blackwood, il silenzio non è mai solo assenza di voce. A volte è una scelta. A volte una prigione. E Mallory ne è il custode.
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