Titolo: Il boia e il culto del silenzio: quando giustizieri e sacerdoti coincidono

Nel cuore più oscuro dell’Europa ottocentesca, là dove le ombre della religione si intrecciano con le viscere della giustizia terrena, esistevano figure ambigue e disturbanti: uomini che erano al tempo stesso carnefici e custodi del sacro. Il boia, archetipo di morte e silenzio, veniva talvolta assimilato a un sacerdote di un culto perduto, nascosto tra le pieghe del dogma cristiano e le superstizioni rurali.

Questa sinistra sovrapposizione non è solo simbolica. Nei registri dimenticati delle prigioni e nei racconti sussurrati tra i vicoli londinesi, si parlava di confraternite silenziose, gruppi clandestini che officiavano le esecuzioni come riti iniziatici. Il condannato non era solo un colpevole, ma un’offerta. Il patibolo diventava altare. La corda, sacra reliquia. E il boia, vestito di scuro, taceva: perché ogni parola poteva rompere l’incanto.

Molti di questi uomini vivevano isolati, in case ai margini della città, circondati da simboli apotropaici, croci rovesciate, monili in osso umano. Alcuni avevano tatuaggi con scritte in latino arcaico. In certe notti d’inverno, si raccontava che pregassero ad alta voce, da soli, nel dialetto di chissà quale ordine monastico dimenticato.

Una delle testimonianze più inquietanti proviene da un documento riservato del 1842, rinvenuto nell’archivio della Workhouse di Bethnal Green. In esso, un certo “S.H.”, condannato a morte per omicidio rituale, racconta che il boia gli avrebbe detto, sottovoce: “oggi diventi silenzio puro“. Una frase che ritorna, identica, in almeno altri tre resoconti anonimi.

Alcuni storici marginali, spesso tacciati di follia, hanno ipotizzato che esistesse una linea segreta che collegava questi giustizieri, tramandata per secoli. Un lignaggio. Una confraternita del silenzio. Con rituali, simboli, giuramenti. Si dice che uno di loro, prima di essere trovato impiccato nella sua stessa botola, avesse inciso sul muro: “In caede silentium est“.

Nel mondo dell’Archivio Blackwood, questa teoria prende forma e carne. Il Carnefice del Silenzio non è solo un assassino. È il discendente di un culto antichissimo, uno dei pochi sopravvissuti. La sua missione non è uccidere: è zittire. Uccidere è solo un mezzo.

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