Non urlano più. Ma chi ascolta attentamente… sente ancora la loro voce.”
In Le Ombre di Whitechapel, ogni crimine lascia dietro di sé più di un cadavere.
Lascia un’eco. Un vuoto.
Una domanda sospesa che nessuno osa pronunciare: perché proprio loro?
Le vittime nel racconto non sono solo strumenti per la trama.
Ognuna di esse ha un volto, un passato, una storia spezzata troppo presto.
E anche se appaiono per pochi istanti, la loro presenza aleggia in ogni pagina, come presenze invisibili che osservano, giudicano, attendono giustizia.
Blackwood non è un uomo che dimentica.
Ogni corpo trovato, ogni scena del crimine, ogni simbolo inciso sulla carne, diventa parte del suo tormento personale.
Perché il Male che colpisce nell’ombra non lo fa mai a caso.
Colpisce chi è solo. Chi è debole. Chi non può difendersi.
E allora la domanda cambia:
non più “Chi è il colpevole?”, ma
“Chi ha permesso che accadesse ancora?”
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Le Ombre di Whitechapel è anche questo:
un racconto di voci spezzate, che qualcuno deve avere il coraggio di ascoltare.
