Ci sono romanzi che non invecchiano. Non per la lingua, non per la struttura, ma per la verità disturbante che custodiscono. “Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde”, pubblicato nel 1886 da Robert Louis Stevenson, è uno di questi.
In apparenza un semplice racconto di mistero e trasformazione, è in realtà un trattato gotico sull’identità, sull’ambiguità morale e sulla fragile maschera che indossiamo per vivere in società.
Il contesto: Londra come teatro del subconscio
La Londra vittoriana dipinta da Stevenson non è solo una città. È un organismo vivo, fatto di nebbie, vicoli ciechi, silenzi pesanti e case chiuse che nascondono segreti. Come in ogni buon romanzo gotico, l’ambientazione non è sfondo, ma personaggio attivo: il riflesso esterno del tumulto interiore di Jekyll e, più in generale, della società del tempo.
È in questa cornice che prende forma uno dei più grandi dualismi letterari: il medico rispettabile e il mostro reietto. Non sono due uomini. Sono lo stesso uomo. Ed è proprio qui che nasce il gotico: nell’incontro violento tra apparenza e verità.
Scienza, etica e orrore: l’alchimia del romanzo
Il Dr. Jekyll, uomo brillante e tormentato, incarna la razionalità scientifica che cerca di controllare la natura umana. Ma il suo esperimento non è solo chimica: è una discesa negli abissi della psiche. Hyde non è un mostro esterno, ma ciò che si cela in ogni uomo quando cade la maschera.
Stevenson riesce a spaventare non con creature sovrannaturali, ma con l’inquietante verosimiglianza di Hyde. Non ha artigli né poteri magici. È solo puro impulso, puro istinto, la parte animale e nichilista dell’essere umano. Ed è questo che terrorizza.
La lezione senza tempo
Il capolavoro di Stevenson ci lascia un monito: reprimere il male non lo cancella. Nasconderlo lo rende solo più forte, più subdolo. Jekyll non è un eroe, ma un uomo che ha creduto di poter controllare l’incontrollabile. E ha perso.
“Jekyll e Hyde” è un romanzo che ancora oggi risuona con forza. Parla del narcisismo delle buone intenzioni, della fragilità morale, della violenza che può abitare anche in chi si crede giusto. È, in definitiva, una parabola sull’animo umano che usa la forma del gotico per scavare molto più in profondità.
Un classico immortale. E, forse, il più moderno di tutti.
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