Il gotico vittoriano non è solo un genere: è un’architettura narrativa precisa, riconoscibile, costruita secondo regole che miravano a creare inquietudine sottile, introspezione psicologica e un senso di minaccia che avanzava scena dopo scena.
Oggi molti lettori associano il gotico a cliché, ma nel periodo vittoriano era una macchina narrativa sofisticata, più simile a un ingranaggio d’orologeria che a un semplice stile.
In questo articolo esploriamo come erano scritti davvero i romanzi gotici dell’Ottocento, quali erano le loro strutture interne e perché la mia saga gotica si basa consapevolmente su quelle stesse fondamenta, adattandole alla sensibilità moderna.
1. Struttura a stratificazione: orrore rivelato, mai immediato
I romanzi gotici vittoriani non mostravano subito l’orrore.
Funzionavano per livelli successivi:
- Primo strato – la vita quotidiana: la normalità apparente.
- Secondo strato – l’inquietudine che filtra: rumori, ombre, presagi.
- Terzo strato – la rivelazione parziale: un indizio forte ma non definitivo.
- Ultimo strato – il cuore dell’orrore: la verità che sovverte tutto.
Questa progressione si ritrova in opere come Il Giro di Vite, Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde e Dracula.
Nei miei romanzi, questo principio è fondamentale: l’orrore non arriva mai improvviso. È un’ombra che cresce, una presenza che si lascia intuire prima di mostrarsi.
2. L’indagine razionale che lentamente fallisce
Il gotico vittoriano amava far scontrare la ragione con l’irrazionale.
Il protagonista inizia sempre da un approccio logico, quasi scientifico.
Poi, scena dopo scena, si trova costretto ad ammettere che la logica da sola non basta.
Questa dinamica è evidente in:
- Jonathan Harker che cerca di razionalizzare il Castello di Dracula
- Utterson che indaga su Jekyll con metodo legale
- I narratori di Henry James che dubitano della propria percezione
Anche nella mia scrittura il personaggio “razionale” (Blackwood, o chi ricopre quel ruolo nelle altre saghe) si confronta con qualcosa che lo supera, senza perdere però il metodo.
La tensione nasce nel punto di frattura tra investigazione e ignoto.
3. Atmosfera sensoriale prima dell’azione
I vittoriani erano maestri dell’atmosfera.
Prima dell’azione, costruivano:
- odori
- luci tremolanti
- passaggi stretti e chiusi
- case che sembrano respirare
- nebbia che non è solo nebbia ma un personaggio
L’ambiente anticipa ciò che accadrà.
È uno dei pilastri della mia scrittura: prima di ogni svolta narrativa costruisco uno spazio vivo, un luogo che racconta qualcosa.
Non uso descrizioni immobili: gli ambienti hanno memoria.
4. Personaggi imperfetti, ambigui, segnati
Il gotico vittoriano non amava gli eroi puri.
Preferiva figure:
- segnate dal passato
- emotivamente fragili
- capaci di sbagliare
- ossessionate dalla verità o dall’ignoto
Da Dorian Gray a Victor Frankenstein, passando per Renfield, l’eroe gotico è un uomo (o una donna) che lotta anche contro sé stesso.
Lo stesso vale nei miei romanzi: nessun protagonista è perfetto.
Blackwood, Monroe, Quinn, tutti portano una crepa che li rende più veri.
5. Capitoli brevi, ritmo crescente, finale che non chiude tutto
La struttura vittoriana aveva un altro tratto distintivo:
il finale raramente era risolutivo al 100%.
Lasciava:
- una domanda sospesa
- un dubbio
- un’ombra che potrebbe tornare
Perché il male, nel gotico, non muore: cambia forma.
Nelle mie opere faccio la stessa scelta: chiudo l’arco narrativo, ma l’atmosfera continua a vibrare, lasciando spazio a nuovi misteri, collegamenti e simboli.
Perché uso ancora oggi la struttura gotica vittoriana?
Perché funziona.
Perché è elegante.
Perché parla al lettore con intelligenza, senza “urlare” l’orrore.
E soprattutto perché permette di costruire:
- lore profonda
- personaggi memorabili
- tensione psicologica autentica
- mondi narrativi coerenti e ricchi
Il gotico vittoriano non è passato.
È diventato un linguaggio.
Io ho scelto di usarlo come base delle mie saghe, modernizzandolo senza tradirne l’essenza.
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