Esplorazione simbolica della fattoria di Ed Gein
C’è un’immagine che resiste, più di ogni altra, quando si nomina il nome di Ed Gein: una casa solitaria, immersa nella neve, con le finestre cieche e una porta che sembra trattenere il respiro.
Non è solo una casa. È un organismo chiuso, un ventre, un altare, un carcere. È la mappa mentale dell’uomo che l’ha abitata.
E forse, in qualche modo oscuro, anche la nostra.
La casa come proiezione mentale
Situata nel Wisconsin, la fattoria di Ed Gein non era nulla di speciale all’apparenza: due piani di legno sbiadito, un piccolo portico, un granaio e un capanno degli attrezzi. Ma ciò che avveniva dentro – e ciò che venne scoperto nel 1957 – trasformò quel luogo in una leggenda dell’orrore.
Ogni stanza sembrava appartenere a un’identità diversa: c’era quella vissuta, disordinata, dove Ed mangiava e dormiva, circondato da resti umani, giornali, riviste, pezzi di bambole e oggetti impensabili.
E poi c’era quella sigillata, la camera della madre, rimasta intatta per anni, come se il tempo dovesse fermarsi alla sua morte. Polvere, tessuti ingialliti, odore di chiuso e preghiere mai ascoltate.
La conservazione come culto
Quello che Ed fece nel tempo fu ricostruire la madre attraverso oggetti e parti di corpo: una sedia foderata di pelle umana, maschere ricavate da volti di donne defunte, cinture fatte di capezzoli, un grembiule di pelle femminile.
Non c’era solo necrofilia o squilibrio. C’era un disegno simbolico, per quanto aberrante: riportare Augusta in vita, possederla, ricrearla, dominare la sua figura sacra e terrificante.
La casa diventò un tempio profanato, un luogo dove sacro e osceno si confondevano, dove la religione veniva piegata alle pulsioni più antiche.
Ogni stanza un confine
Visitare – anche solo con l’immaginazione – quella casa significa attraversare i livelli di una mente fratturata. Ogni ambiente corrisponde a uno stadio della psicosi:
- Il soggiorno: caotico, delirante, contaminato dal presente.
- La cucina: luogo del nutrimento e dell’orrore fuso insieme (ricordiamo che Ed conservava organi umani in barattoli).
- La camera della madre: santuario inaccessibile, memoria intoccabile.
- Il seminterrato: zona sepolta, prelogica, sede del rituale.
Quando un luogo diventa simbolo
La fattoria di Ed Gein venne data alle fiamme nel 1958, probabilmente da un cittadino indignato. Eppure, la casa non è mai scomparsa: è diventata archetipo del Male domestico, è finita nel subconscio collettivo, citata da Psycho, Non aprite quella porta, Il silenzio degli innocenti.
Come se avessimo bisogno di un luogo fisico per collocare le nostre paure, per renderle tangibili.
E così, la casa non è più solo la casa di Ed.
È la casa del Male possibile, quel Male che, forse, abita a una distanza più breve di quanto vorremmo credere.
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