Il fascino dell’incompiuto


Perché lascio porte aperte nei miei romanzi

Ci sono storie che iniziano e finiscono nello spazio definito di una copertina. E poi ci sono racconti che si ramificano, che non si chiudono mai davvero, che lasciano dietro di sé una scia di domande, simboli e sussurri.

Ne L’Archivio Blackwood ho scelto consapevolmente di lasciare delle porte aperte. Alcune conducono a segreti futuri, altre forse non verranno mai aperte del tutto. Ma tutte hanno uno scopo: alimentare l’immaginazione.


Non tutte le verità vanno spiegate

Il lettore moderno è spesso abituato a ricevere risposte. A pretendere una spiegazione per ogni evento, una motivazione per ogni azione, un epilogo per ogni personaggio. Ma nella narrativa gotica – quella vera – ciò che non viene detto ha spesso più potere di ciò che viene svelato.

Un nome inciso in una pagina.
Un oggetto dimenticato in una scena.
Un sussurro che non trova risposta.

Tutto questo genera inquietudine, perché va contro l’ordine naturale delle cose. E il gotico vive proprio lì: nel disordine dell’anima.


Il mondo di Blackwood è un archivio… e gli archivi non finiscono mai

I romanzi che compongono L’Archivio Blackwood non sono semplici thriller d’epoca. Sono capitoli di una mitologia personale e condivisa, in cui ogni indizio, ogni reliquia, ogni personaggio minore può essere l’inizio di un nuovo sentiero.

Quando scrivo, non mi domando: “Come finisce?”.
Mi domando: “Cosa resterà?”
Cosa resterà in chi legge, quando spegnerà la luce?


Il valore della rilettura

Un altro motivo per cui amo l’incompiuto è che rende ogni lettura diversa dalla precedente. Un lettore attento potrà notare, nei miei libri, la presenza di:

  • simboli ripetuti,
  • oggetti che passano inosservati ma tornano nei volumi successivi,
  • dettagli apparentemente inutili che assumono senso dopo 100 pagine… o 3 libri.

Non è una strategia. È il mio modo di scrivere: stratificato, contaminato, volutamente imperfetto. Ma autentico.


La verità non sta mai tutta in superficie

Declan, Moira, Quinn, Monroe, Fitzroy, Whitmore…
Ognuno di loro ha una storia che non ho ancora raccontato tutta. Alcuni perché non è ancora il momento. Altri perché non lo sarà mai.

Perché in fondo, il vero archivista non distrugge ciò che non capisce. Lo conserva.
E così faccio io, scena dopo scena. Libro dopo libro.
Per chi ha voglia di restare. E di rileggere.


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