Lettera mai consegnata – Padre Quinn a Edgar Blackwood

Ritrovata tra le pagine consunte del breviario, custodita in una tasca interna del mantello logoro. La calligrafia è tremante, incisa come confessione ultima o speranza estrema.

Ispettore Edgar,

scrivo queste righe senza la certezza che ti raggiungeranno.
Forse saranno consumate dalla cenere, forse dimenticate in fondo a una cassa di legno marcito. Ma scrivere mi aiuta. A non cedere.

Stanotte il vento ha fatto tremare le finestre della canonica. Ogni candela si è spenta nello stesso istante, come se qualcosa – o qualcuno – avesse attraversato i corridoi.
Non lo vedo, ma lo sento. È vicino. Non più un’ombra, ma un respiro. Non più un sussurro, ma un nome.

Ti dirò la verità, Edgar: prego senza certezza.
Le mie mani tracciano i segni, ma il cuore dubita. Quanti rituali ho condotto invano? Quante volte ho invocato luce e ho ricevuto silenzio?
Eppure… c’è una voce dentro che mi dice di non fermarmi. Non per fede, ma per necessità. Se falliamo, non ci sarà un dopo. Non per noi. Non per Londra.

Ho rispolverato testi che giacevano sotto polvere e vergogna. Letti solo a metà, perché neanche i santi hanno avuto il coraggio di terminarli.
Eppure adesso li leggo. Rileggo. Studio ogni sigillo, ogni nota, ogni frammento che possa rivelarci un punto debole. Perché ce n’è sempre uno. Ogni male, per antico che sia, ha la sua crepa.

Mi domando se anche tu lo senti, nelle ossa, nei sogni. Quel tempo che stringe, quel confine che si assottiglia.
Siamo stati scelti, non perché siamo pronti… ma perché non possiamo più voltarci indietro.

Che Dio ci guardi, se ancora ci guarda.

Con rispetto, timore e fratellanza,
Padre Marcus Quinn
12 dicembre 1888

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