La casa come tempio del Mostro


Anatomia delle abitazioni dei killer seriali

Quando il Male mette radici, ha bisogno di un luogo in cui crescere.
Spesso, quel luogo è una casa. Apparentemente normale. A volte isolata. A volte nel cuore del vicinato. Ma sempre, sempre diversa.
In questo articolo esploriamo la dimensione domestica del crimine seriale, con particolare attenzione alla figura di Ed Gein — cuore del mio recente saggio Il Culto della Madre — ma anche in relazione ad altri casi reali e alle inquietanti somiglianze con le dimore gotiche del mio universo narrativo.


Non è solo un luogo: è un corpo vivente

Le case dei serial killer non sono semplici contenitori. Sono estensioni simboliche della mente del carnefice: ogni oggetto, ogni stanza, ogni odore racconta un bisogno, una frattura, un’ossessione.

Nel caso di Ed Gein, la casa di Plainfield divenne un vero e proprio teatro rituale, un santuario della madre morta e al tempo stesso un laboratorio della carne. Le stanze chiuse, i cadaveri sezionati, i trofei umani: tutto all’interno rifletteva la trasformazione di un lutto non elaborato in culto mortale.


La casa come psicodiagramma

In criminologia ambientale, lo spazio domestico viene spesso analizzato come “psicogeografia del crimine”: la disposizione degli ambienti, la scelta degli oggetti, la loro alterazione (o conservazione) offrono indizi sulla psiche del soggetto.

  • Nella stanza di Gein dove dormiva la madre, nulla era stato toccato.
  • Nella cucina, i resti umani erano stati trattati come utensili.
  • In cantina, si compivano atti al limite tra necrofilia e arte sacrificale.

Questa dicotomia tra conservazione del sacro e profanazione del corpo ritorna spesso anche nei miei romanzi: la stanza sigillata di una bambina morta, il laboratorio rituale sotto una chiesa, la biblioteca dove ogni scaffale contiene frammenti di dolore.


Narrativa gotica e verità disturbanti

Molti lettori mi chiedono se le case descritte nell’Archivio Blackwood siano ispirate a luoghi reali.
La risposta è: sì, ma non solo.
Ho preso spunto da documenti reali — come le foto dell’abitazione di Gein dopo l’arresto — ma anche da suggestioni letterarie, teologiche e simboliche: la casa non è solo luogo fisico, è sempre una porta verso qualcosa.
Nel gotico, la casa è spesso corrotta, viva, malata, esattamente come lo è nella mente di un assassino.


Il passato non se n’è mai andato

Le case in cui sono avvenuti crimini orribili non perdono mai del tutto il loro carico. Non è solo superstizione. È psicologia dell’ambiente.
Il trauma impregna i muri, e spesso chi entra dopo — vittima o lettore — lo sente.

È per questo che, in narrativa o nella realtà, il Male non muore mai davvero tra quelle pareti.
Resta lì, in attesa.
Di essere riscoperto.
O riattivato.


Tratto da riflessioni nate durante la stesura del saggio
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Quando l’amore diventa ossessione


Madri, figli e controllo nella mente criminale

C’è un confine sottile, fragile come un filo di seta, tra amore e dominio. Lo si attraversa senza accorgersene, spesso con le migliori intenzioni. È un confine che ho imparato a conoscere studiando la storia di Ed Gein, e che continuo a esplorare nei miei romanzi gotici, dove la devozione si trasforma in prigione e la fede si piega all’ossessione.

Nel caso di Gein, tutto nasce in una casa isolata nel Wisconsin, dove una madre impone al figlio una religione privata, fatta di colpa e castigo. Gli insegna a temere il mondo, a diffidare delle donne, a rifugiarsi solo in lei. Quando quella figura muore, Ed resta solo con i suoi fantasmi… e con l’impossibilità di lasciarla andare.
La madre diventa la sua voce interiore, il suo idolo e la sua condanna.
L’amore si trasforma in idolatria necrotica.

Non è solo follia, è un meccanismo umano e universale: la paura di perdere il controllo sull’unica cosa che ci fa sentire vivi.
Ecco perché storie come questa ci attraggono tanto: perché parlano, in fondo, della nostra fragilità più antica.
Il bisogno di essere amati.

Nei miei romanzi, da Le Ombre di Whitechapel a Il Vangelo delle Ombre, la maternità, la fede e la protezione assumono spesso forme oscure.
Dietro la luce dell’amore si nasconde sempre un’ombra che pretende obbedienza.
E a volte, per liberarsi da essa, serve un atto di distruzione.
È la stessa dinamica che muove Gein, ma anche molti dei miei personaggi: uomini e donne prigionieri di una voce che li chiama “figlio mio”, e che non permette loro di esistere da soli.

Perché l’amore, quando diventa possesso, non salva più. Divora.


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La Londra vittoriana tra realtà e finzione: i luoghi che ispirano l’Archivio Blackwood

Nei romanzi dell’Archivio Blackwood, Londra non è solo un’ambientazione. Respira, scricchiola, si nasconde tra la nebbia. Ma quanto di quella Londra esiste davvero? E quanto è nato dall’immaginazione?

In questo articolo esploriamo alcuni dei luoghi reali che hanno ispirato le scene più cupe e suggestive dei romanzi. Un viaggio tra storia e finzione, tra pietra e ombra.

Limehouse: tra oppio e segreti

Limehouse è uno dei quartieri più evocativi di Il Vangelo delle Ombre. Le sue stradine costeggiano il Tamigi, segnate da magazzini dismessi e archi in ferro battuto. A fine Ottocento, era un labirinto di bettole, fumerie d’oppio e porti dimenticati. È qui che Blackwood spesso torna, cercando risposte tra nebbia e silenzi.

Oggi, molte delle sue vie sono cambiate, ma l’atmosfera notturna che aleggia tra i mattoni bagnati è ancora palpabile. Basta chiudere gli occhi.

Southwark: sotto i ponti della memoria

Dove il ponte di London Bridge getta la sua ombra, si trova Southwark, antico quartiere di bordelli medievali, taverne malfamate e teatri dimenticati.
È qui che Blackwood scopre, in Le Ombre di Whitechapel, una delle tracce più inquietanti della setta.

Southwark è ancora oggi un luogo ricco di contrasti: tra le rovine di epoca romana e le linee moderne della città contemporanea, il passato sembra voler riemergere a ogni passo.

Clerkenwell: cripte e congreghe

Antico quartiere monastico, sede di priore e ordini cavallereschi, Clerkenwell è perfetto per ambientazioni legate a sette e rituali. Le sue vere catacombe, le cripte sotto la Chiesa di San Giovanni, e i vicoli poco illuminati lo rendono un luogo che sembra fatto apposta per ospitare ciò che non dovrebbe esistere.

Blackwood lo sa: qui, le ombre non si limitano a seguire chi cammina. A volte precedono.

La Londra che invento è reale. Solo un po’ più silenziosa.

Nei miei romanzi non invento mai completamente.
Modifico. Esagero. Inquino.
La Londra dell’Archivio Blackwood è fatta di luoghi che esistono davvero, ma osservati con occhi segnati da ciò che è accaduto. È la città del sospetto, della paura e della ricerca. Una Londra dove ogni strada può diventare una reliquia e ogni vicolo, un passaggio verso l’invisibile.

Southwark 1888: la Londra ai margini del sacro e del profano

A sud del Tamigi, oltre i ponti percorsi da carrozze e passanti incappucciati, si estendeva una Londra diversa: Southwark, nel 1888, era un territorio di confine. Non solo tra quartieri, ma tra epoche, tra rispettabilità e degrado, tra il quotidiano e l’oscuro. È qui che i passi di Blackwood e degli altri protagonisti del Vangelo delle Ombre si muovono in silenzio, tra vicoli angusti e chiostri dimenticati.

Un passato monastico e un presente inquieto

Un tempo, Southwark ospitava numerosi edifici religiosi: priorati, ospedali e ospizi. La grande Cattedrale di Southwark, ancora oggi visibile, era il cuore spirituale del quartiere. Ma nel 1888, quei simboli di devozione apparivano isolati, anneriti, quasi schiacciati dalla modernità violenta della città.

Intorno si alzavano:

magazzini

bordelli

taverne dalle insegne scolorite

case di mattoni grigi sbrecciati dall’umidità

Il contrasto tra il sacro decaduto e il profano vivo era palpabile a ogni angolo.

Popolazione e vita quotidiana

Southwark era abitata da:

facchini e scaricatori di porto

prostitute e venditori ambulanti

predicatori di strada e burattinai

bambini scalzi che correvano nel fango

Le condizioni igieniche erano pessime. Le fogne scoppiavano dopo ogni pioggia. L’odore del pesce marcio e delle cucine a carbone si mescolava con quello delle stamberghe abbandonate.

Eppure, la vitalità era impressionante. Il Borough Market era il cuore pulsante del commercio locale, mentre le rive del Tamigi ribollivano di traffici leciti e illeciti.

Southwark nel romanzo

In Il Vangelo delle Ombre, Southwark è luogo di passaggi e di perdizione. È tra i suoi vicoli che si cela una presenza antica, una verità rimossa, un indizio dimenticato. Il quartiere si trasforma in uno scenario onirico e pericoloso: i mattoni umidi sembrano osservare, i portoni chiusi sussurrano qualcosa, e il suono delle campane si mescola a quello di una messa che nessuno ricorda di aver celebrato.

Oggi come allora

Chi passeggia oggi tra i vicoli restaurati di Southwark può ancora percepire l’eco di un’epoca perduta. Le pietre della cattedrale, le arcate del mercato, le ombre tra le rive: tutto parla di un passato gotico e suggestivo, perfetto per chi ama perdersi tra storia e leggenda.

Hai camminato anche tu tra le ombre di Southwark? Raccontamelo nei commenti qui sotto.

Il Vangelo delle Ombre: La Mappa dei Luoghi Reali

Il Vangelo delle Ombre non è solo un viaggio nell’occulto, ma anche un percorso attraverso i quartieri più misteriosi e storici di Londra. Ogni luogo visitato dai protagonisti esiste davvero e conserva ancora oggi un’aura di inquietudine e fascino. Ecco la mappa dei luoghi reali che compaiono nel romanzo:

Clerkenwell

Quartiere dalle radici medievali, noto per i suoi monasteri e pozzi sacri.  Nel romanzo, è il luogo dove tutto ha inizio, con una bambina che recita frasi in latino. 

Bethlem Royal Hospital (Bedlam)

Il più antico ospedale psichiatrico del mondo, fondato nel 1247.  Simbolo delle paure collettive legate alla follia, è teatro di eventi inquietanti nel romanzo. 

Southwark

Storico quartiere situato sulla riva sud del Tamigi, noto per i suoi teatri e taverne.  Nel romanzo, è il luogo di residenza di padre Marcus Quinn. 

Camden Town

Famoso per il suo mercato e la scena musicale alternativa.  Nel romanzo, è un quartiere popolare e degradato dove Blackwood scopre la seconda vittima. 

Scotland Yard

Sede storica della polizia metropolitana di Londra, simbolo dell’investigazione e del mistero.  Nel romanzo, è il luogo di lavoro di Blackwood e Monroe. 

Chiesa di St. Bartholomew-the-Great

Fondata nel 1123, è una delle chiese più antiche di Londra.  Nel romanzo, è il luogo in cui viene rinvenuto il corpo del sagrestano con un simbolo inciso. 

Highgate

Quartiere noto per il suo cimitero vittoriano e le leggende di fantasmi.  Nel romanzo, è il luogo dove si trova la parrocchia sconsacrata di St. Jude’s. 

Holborn

Antico quartiere centrale di Londra, sede di importanti istituzioni legali.  Nel romanzo, è un quartiere cupo e misterioso in cui si trova il pub “The King’s Arms”. 

Wapping

Quartiere marittimo con una storia legata ai dock e alla pirateria.  Nel romanzo, è il luogo dove si trova la canonica abbandonata utilizzata da padre Quinn. 

Mappa Gotica di Londra

Per visualizzare questi luoghi e immergerti nell’atmosfera del romanzo, ecco una mappa in stile gotico vittoriano:

👮‍♂️ Perché i poliziotti inglesi sono chiamati “Bobby”?

Passeggiando per le strade di Londra, è comune imbattersi in agenti di polizia noti affettuosamente come “Bobby”. Ma da dove deriva questo soprannome?

👤 Sir Robert Peel: il padre della polizia moderna

Il termine “Bobby” è un diminutivo di “Robert” e si riferisce a Sir Robert Peel, che nel 1829, durante il suo mandato come Ministro dell’Interno, fondò la Metropolitan Police Service di Londra attraverso il Metropolitan Police Act.

Questa nuova forza di polizia fu istituita per mantenere l’ordine pubblico in una Londra in rapida espansione e per sostituire i precedenti sistemi di sorveglianza meno organizzati.

🧢 “Bobbies” e “Peelers”

In onore del loro fondatore, gli agenti furono soprannominati “Bobbies”, mentre in Irlanda del Nord e in alcune altre regioni del Regno Unito vennero chiamati anche “Peelers”.

Questi termini riflettono l’impatto duraturo di Sir Robert Peel sulla formazione delle forze di polizia moderne.

📜 I Principi di Peel

Sir Robert Peel introdusse anche i “Peelian Principles”, una serie di linee guida che sottolineavano l’importanza della cooperazione tra la polizia e il pubblico, l’imparzialità e l’uso minimo della forza.

Questi principi sono ancora oggi alla base del modello di polizia britannico.

🕰️ Un’eredità duratura

Oggi, il termine “Bobby” è diventato sinonimo di poliziotto nel Regno Unito, rappresentando non solo una figura di autorità, ma anche un simbolo della tradizione e dell’evoluzione del mantenimento dell’ordine pubblico.

L’Archivio Blackwood – Un’indagine che attraversa l’oscurità

Le Ombre di Whitechapel è stato solo il primo fascicolo.
La prima pagina di un archivio molto più vasto.


Un archivio che raccoglie storie dimenticate, casi non risolti, indizi troppo oscuri per essere scritti nei verbali ufficiali.


Nasce così l’Archivio Blackwood: una serie di volumi incentrati sull’ispettore Edgar Blackwood e sulle sue indagini nei luoghi più bui della Londra vittoriana.
Ogni racconto lungo è autonomo, ma legato agli altri da un filo invisibile che intreccia storia, mistero e ciò che l’uomo ha sempre preferito ignorare.


Non si tratta solo di crimini.
Ma di simboli, sogni, presagi.
E di quella sottile linea tra il reale e l’inspiegabile che Blackwood è costretto a valicare — sempre un passo più in là.
Il secondo volume, Il Vangelo delle Ombre, è in arrivo.
Ma l’archivio è molto più grande di quanto immaginiamo.

Il Thames Tunnel: il ventre segreto di Londra

Sotto le acque limacciose del Tamigi, dove la nebbia si mescola ai fumi delle navi e l’odore di carbone impregna ogni respiro, si nasconde una delle opere più audaci e inquietanti dell’Inghilterra vittoriana: il Thames Tunnel.

Non è solo un passaggio. È un cunicolo di pietra e oscurità, scavato nella carne viva della città, tra i sobborghi dell’East End e la riva meridionale. Un luogo dove i rumori della superficie scompaiono, e l’unico suono che resta è quello dei propri passi che risuonano sul selciato umido.

La nascita di un prodigio (e di un incubo)

Inaugurato nel 1843, il Thames Tunnel fu il primo tunnel sottomarino al mondo. Progettato da Marc Isambard Brunel e costruito con l’aiuto del figlio Isambard Kingdom Brunel, fu una sfida colossale contro l’acqua, la melma e la paura dell’ignoto.

Scavato con il primo prototipo di scudo meccanico da scavo – una vera invenzione rivoluzionaria – richiese anni di lavoro, morti sul lavoro, inondazioni improvvise e continui rinvii. Quando fu finalmente completato, era molto più di un semplice collegamento: era il simbolo di un’epoca che voleva dominare la natura… ma non senza pagarne il prezzo.

Sotto Londra, tra fango e fantasmi

Per anni, il tunnel fu aperto solo ai pedoni. Ma non erano solo lavoratori o viaggiatori a scendere sotto il fiume. Artisti, prostitute, ladri, contrabbandieri e curiosi affollavano quelle gallerie, trasformandole in un mondo parallelo, al limite tra spettacolo e perdizione.

Le pareti erano annerite, l’umidità costante, e il rumore del fiume sopra la testa era un sussurro incessante. La gente raccontava di voci che si perdevano nei corridoi, di uomini scomparsi nel nulla, di figure viste riflettersi sull’acqua stagnante dei tombini.

Oggi e domani

Oggi, il Thames Tunnel è parte della East London Line della metropolitana, ma conserva ancora il suo fascino. Alcuni tratti sono stati restaurati e aperti per eventi culturali e visite guidate. Entrare lì è come varcare la soglia di un’epoca in cui il mondo moderno nasceva… ma tra sangue, sudore e buio.

Una Londra che vive nel sottosuolo

Il Thames Tunnel non è solo un’opera d’ingegneria: è una ferita viva nella città, un luogo dove la Londra elegante e illuminata non ha mai messo piede. È là che si annidano gli spettri della rivoluzione industriale, ma anche le ombre più profonde di Whitechapel.

Forse è proprio lì sotto, tra le pietre umide, che si celano i segreti più antichi della città…

Le Ombre di Whitechapel – L’indagine dove la ragione vacilla

C’è una Londra che non si trova sulle mappe.
Una Londra fatta di strade che nessuno osa più percorrere, di nomi sussurrati solo nelle bettole e di verità che i giornali non osano stampare.

È in quella Londra — fredda, piovosa e deformata dalla nebbia — che si muove Le Ombre di Whitechapel.
Non un semplice racconto, ma un viaggio nel cuore oscuro del 1888, tra vicoli marci, società segrete, indagini irrisolte e simboli antichi.

Il protagonista, l’ispettore Blackwood, non cerca solo l’assassino.
Cerca un senso.
Cerca di tenere insieme la logica, mentre intorno a lui si sbriciola ogni certezza.
E accanto a lui — tra fiaccole tremolanti, cripte e sogni inquieti — si muovono figure conosciute e misteriose, tra cui Sherlock Holmes e il dottor Watson, coinvolti in un caso che va oltre il crimine comune.

Questo racconto lungo non è fatto per chi cerca risposte facili.
È pensato per chi ama le storie che scrutano nell’ombra, per chi vuole sentire il fango sotto i piedi, l’odore del sangue misto a incenso, e l’eco dei passi in una Londra che non dorme mai davvero.

Hai già letto Le Ombre di Whitechapel?
Allora sai che certe porte, una volta aperte, non si chiudono più.

Quando Londra tratteneva il respiro – L’epoca dello Squartatore

Non era solo paura. Era il sospetto che il Male potesse abitare accanto a te… senza volto, senza nome, senza rimorso.”

Londra, autunno 1888.
Nel quartiere miserabile di Whitechapel, il terrore aveva un nome che la stampa rese immortale: Jack lo Squartatore.
In meno di tre mesi, cinque donne vennero uccise con una ferocia inusitata. Le gole tagliate, gli organi rimossi con precisione chirurgica, i corpi abbandonati nelle strade silenziose della città.

Ma il vero orrore non fu solo nei delitti.
Fu nel clima che Jack lasciò dietro di sé.

La gente aveva paura di uscire dopo il tramonto.
Le strade deserte, le ombre più lunghe del solito, ogni passo alle spalle diventava un presagio.
I giornali alimentavano l’ansia giorno dopo giorno: pubblicavano lettere firmate “From Hell”, dettagli macabri, illazioni.
La popolazione, già stremata dalla povertà, dalla disoccupazione e dalla fame, viveva nell’ansia costante che il mostro colpisse di nuovo.

Ma Jack non fu mai preso.
E questo divenne parte della sua leggenda.

In Le Ombre di Whitechapel, questa atmosfera è palpabile.
Non si racconta Jack lo Squartatore direttamente, ma si respira il mondo che lui ha lasciato dietro di sé: una Londra dove la fiducia è morta, dove l’oscurità ha vinto, e dove gli uomini iniziano a sospettare che forse il Male… non è umano.