Grazie per il vostro sostegno – Il Vangelo delle Ombre in Campagna Crowdfunding


In questi giorni carichi di emozioni, desidero prendermi un momento per ringraziare pubblicamente alcune persone e realtà che hanno deciso di sostenere e condividere la campagna di crowdfunding per il mio nuovo libro Il Vangelo delle Ombre, edito da Bookabook.

Un grazie sincero a:

🔹 @premiletterari – Per aver dato voce al mio progetto tra le loro storie e post, aiutandomi a raggiungere nuovi lettori.
🔹 @latelanera – Una realtà che seguo da tempo e che mi ha onorato con una menzione nelle sue pagine.
🔹 @gabri_libri – Per l’entusiasmo con cui ha presentato il mio romanzo e per la cura nel raccontarlo.
🔹 @lucindalibri – Per aver creduto nel mio lavoro e averlo condiviso con i propri lettori.

In un’epoca in cui l’editoria indipendente fatica a trovare spazio, ogni condivisione è un atto di resistenza culturale. Non lo dimentico. Il vostro supporto ha un valore enorme.


Il Vangelo delle Ombre – La Campagna è Online

Il mio nuovo libro è attualmente in campagna di crowdfunding con la casa editrice Bookabook.
Ogni preordine è un passo fondamentale per portarlo nelle librerie italiane.

👉 Prenota la tua copia qui:
🔗 https://bookabook.it/libri/il-vangelo-delle-ombre/


Se hai già preordinato, grazie di cuore.
Se stai pensando di farlo, questo è il momento perfetto.
E se ti va, condividi il link con amici, gruppi di lettura o chiunque ami le storie oscure, gotiche, e profonde.

Con stima e gratitudine,
Claudio Bertolotti


I Casi Reali che Hanno Ispirato L’Archivio Blackwood


La Londra vittoriana è un labirinto di nebbia, ombre e superstizioni. Ma, dietro ogni storia di fantasia che ho scritto, si cela un frammento di verità. Molti dei casi affrontati da Edgar Blackwood – possessioni, omicidi rituali, sette segrete – sono ispirati a documenti, articoli o eventi storici realmente accaduti.
Ecco tre episodi che hanno alimentato le mie notti di scrittura.


1. L’Assassinio di Thomas Briggs (1864) – Il primo omicidio in treno

Nel luglio del 1864, Thomas Briggs fu trovato gravemente ferito su una carrozza di prima classe sulla North London Railway. Era stato rapinato e gettato fuori dal treno in corsa. Morì poche ore dopo. Il caso suscitò scalpore e diede il via al panico morale sulla sicurezza dei trasporti pubblici.
Questo delitto, e il clima di paura che ne seguì, ispirarono alcune atmosfere presenti ne “Il Vangelo delle Ombre”, dove i luoghi chiusi (carrozze, camere, cripte) diventano trappole per l’anima.


2. Il Culto di Tichborne (1871) – Quando un impostore diventa messia

Il caso Tichborne fu un processo lunghissimo e mediatico che coinvolse un uomo che sosteneva di essere Roger Tichborne, erede disperso di una nobile famiglia. La sua causa divenne una sorta di religione popolare: folle di poveri lo sostennero, vedendolo come una figura redentrice.
Questo caso ha ispirato il concetto di culto e cieca adorazione che serpeggia in “Il Carnefice del Silenzio”, dove la figura del “Redentore” viene venerata nonostante i suoi segni mostruosi.


3. Il Caso di Edward Pritchard (1865) – Il medico dell’agonia

A Glasgow, il dottor Edward William Pritchard fu accusato di aver lentamente avvelenato sua moglie e sua suocera con dosi crescenti di antimonio. La stampa lo definì “lo scienziato della sofferenza”, e il suo studio conteneva strumenti medici modificati, libri sull’alchimia e persino animali impagliati.


Il confine tra vero e immaginario

Ogni caso che studio e ogni documento che leggo si sedimenta nell’Archivio Blackwood. Il mio obiettivo non è mai solo spaventare, ma raccontare l’orrore nascosto nelle pieghe della realtà, nei dettagli dimenticati dalla storia ufficiale.
Lì, in quelle ombre, nasce la mia scrittura.


📢 La campagna di crowdfunding per Il Vangelo delle Ombre è ora online con la casa editrice Bookabook.

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Il libro fa parte dell’universo narrativo de L’Archivio Blackwood, ma può essere letto anche singolarmente.
Ogni preordine è fondamentale per sostenere la pubblicazione definitiva del volume in Libreria.


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Le censure editoriali dell’epoca vittoriana


Ovvero: cosa sarebbe successo se Blackwood avesse pubblicato davvero i suoi dossier?

La Londra vittoriana che fa da sfondo ai romanzi dell’Archivio Blackwood era una città di contraddizioni. In superficie, un impero elegante, ingessato dalla morale, dal progresso, dalla scienza. Ma sotto quel velo… c’era altro. C’erano i vicoli che non comparivano sulle mappe. Le case dove la luce non entrava mai. E soprattutto c’erano parole che non potevano essere scritte.

Nel XIX secolo, la censura inglese non era solo religiosa o morale: era istituzionale, e talvolta persino automatica. Bastava parlare di certi argomenti — stregoneria, eresia, culti devianti, possessioni, simboli — per essere considerati “scrittori pericolosi”.

Cosa sarebbe successo se Edgar Blackwood avesse pubblicato davvero i suoi dossier?

Questa è la domanda che attraversa ogni pagina dei miei libri. Blackwood, investigatore tormentato, non scriveva per intrattenere. Scriveva per mettere in guardia. Eppure i suoi rapporti, se davvero fossero esistiti, sarebbero stati immediatamente sequestrati, censurati, forse bruciati.

Come documenti “inadatti al pubblico”, sarebbero finiti negli archivi più nascosti di Scotland Yard o nei corridoi dimenticati del British Museum. In alcuni casi, non sarebbe bastato nasconderli: chi li leggeva, spariva. Come è accaduto a certi personaggi minori dei miei romanzi — bibliotecari, medici, giornalisti — che compaiono per pochi capitoli… e poi svaniscono nel nulla.

La scrittura come resistenza

Scrivere di occulto, di possessioni, di incubi che si muovono tra le strade ghiacciate di Londra, è sempre stato un atto di resistenza. Anche oggi. Perché ogni volta che affronto una nuova indagine di Blackwood, non penso solo alla trama. Penso a ciò che non si può dire, a ciò che verrebbe tagliato, e scelgo consapevolmente di lasciarlo sulla pagina.

Nessuna delle mie storie è davvero “autorizzata”. Sono dossier fittizi, certo, ma custodiscono paure vere. Paure che — anche oggi — qualcuno preferirebbe restassero sepolte.


📣 Campagna attiva!
Se vuoi aiutarmi a portare questo universo in libreria, è attiva la campagna di crowdfunding con Bookabook per il mio romanzo “Il Vangelo delle Ombre”.
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L’ultimo Libro: Il Carnefice del Silenzio

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Come nasce un personaggio dell’archivio Blackwood


Ogni volta che qualcuno mi chiede da dove nascano i personaggi della saga, la mia risposta è sempre la stessa: nascono nel buio.

Non il buio della notte, né quello metaforico dell’anima… ma quel buio che c’è prima che si accenda la candela. Quando ancora non sai chi parlerà. Chi entrerà in scena. Chi lascerà il segno.

I personaggi dell’Archivio non li “invento”. Li incontro. A volte si presentano di colpo, con un nome e una voce ben definita. Altre volte arrivano in silenzio, attraverso una sensazione, un’ombra, un dettaglio fisico che poi prende forma.

Quando nasce un personaggio?

Di solito prima della trama. Mi viene un volto, o una frase. Uno sguardo. E allora comincio a chiedermi: chi è questa persona? Cosa porta sulle spalle? Perché mi guarda così?

Blackwood, per esempio, non doveva essere il protagonista. Doveva essere una figura secondaria. Ma ha bussato troppo forte alla porta. Troppo deciso. Come se dicesse: “O mi dai il caso… o mi prendo l’Archivio.”

Elias Monroe, invece, è nato da un suono. Una frase. Una parola che lo descriveva: “incrinato”. È da lì che ho ricostruito tutta la sua psicologia.

Di cosa sono fatti?

I miei personaggi non hanno biografie dettagliate da manuale di scrittura. Hanno ferite, segreti, colpe non dette. Non serve sapere dove sono nati. Serve sapere cosa li tiene svegli la notte.

Uso il loro passato come un vetro rotto. Alcuni frammenti emergono, altri restano sepolti. Ma ogni cosa che fanno deve riflettere qualcosa di quel vetro.

Una pagina, un battito

Scrivere di loro è un atto di ascolto. Quando scrivo un dialogo, non decido io cosa dicono. Lo scopro. Se un personaggio non parla, non lo forzo. So che lo farà al momento giusto. O che, forse, è già morto.


Se vuoi conoscere i volti, i sussurri, i segreti dei personaggi dell’Archivio… ora è il momento giusto.

🎉 È partita la campagna ufficiale di crowdfunding per il nuovo romanzo
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È ufficiale: Il Vangelo delle Ombre inizia la sua campagna con Bookabook!

Lo aspettavo da mesi. Ora posso dirlo:
È ufficiale. Il mio romanzo gotico, Il Vangelo delle Ombre, inizia la sua campagna di crowdfunding con la casa editrice Bookabook.

Ma cosa significa esattamente?

Significa che Il Vangelo delle Ombre è stato selezionato per una pubblicazione non solo digitale, ma finalmente cartacea e in libreria fisica, grazie al supporto diretto dei lettori.
Durante questa campagna, sarà possibile prenotare la versione cartacea e la versione ebook, semplicemente cliccando sul link ufficiale Bookabook che trovate domani

Come funziona?

Bookabook permette a chi crede in un libro di supportarlo attivamente fin dalla prima fase.
Ogni acquisto (anche solo della versione ebook) conta come una vera e propria spinta verso la pubblicazione.
Più siamo, più possibilità ci sono di vederlo stampato, distribuito e disponibile negli scaffali delle librerie di tutta Italia.

Una sola copia acquistata da parte vostra – ebook o cartacea – fa la differenza.
E se avete voglia di inoltrare il link a un amico, un appassionato di gotico, un lettore curioso… ve ne sarò profondamente grato.

Perché è importante

Perché sogno di vedere Il Vangelo delle Ombre in una vera libreria, accanto ai grandi del mistero e dell’horror.
Perché sogno di organizzare eventi dal vivo, firma copie, presentazioni… e finalmente incontrare i lettori che in questi mesi hanno seguito le avventure di Edgar Blackwood.

Ora il passo è nelle vostre mani. Il potere è nei vostri clic.
Vi chiederò solo un gesto: una prenotazione. Una condivisione. Un piccolo supporto per un sogno reale.

A presto,
Claudio Bertolotti

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L’Archivio Blackwood – Volume II: I Racconti
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L’Archivio non dorme mai


Dopo la nuova saga per ragazzi (In Lavorazione)… un nuovo libro gotico in arrivo

C’è un tempo per i giuramenti. Un tempo per i misteri.
E poi, c’è un tempo per tornare indietro.

Nelle ultime settimane ho lavorato (e sto lavorando ancora adesso) con passione a una nuova saga destinata a un pubblico diverso: un viaggio iniziatico, magico e oscuro, pensato per lettori più giovani… ma che non rinuncia alle atmosfere cupe che mi accompagnano da sempre.
Un nuovo mondo è pronto a mostrarsi.

Ma non abbiate timore: L’Archivio Blackwood non è chiuso.

Anzi.
Le sue stanze più antiche si stanno aprendo.
Quelle che nessuno ha mai osato esplorare.

Dopo l’uscita del nuovo romanzo dedicato ai più giovani, torneremo là dove tutto ha avuto inizio.
Ho già creato scaletta e storia di un nuovo volume della saga Archivio Blackwood:
un prequel che ci porterà molto indietro nel tempo,
quando Edgar Blackwood era diverso.
Più giovane. Più impulsivo. Meno disilluso.
E forse… più umano.

Ma c’è di più.
Nel buio che ci attende, una figura familiare tornerà a camminare accanto a lui.
Qualcuno che non avete dimenticato.
Qualcuno che, forse, non ha mai davvero lasciato l’Archivio.

Non posso dirvi altro.
Solo questo: preparatevi a scoprire le origini.
Il primo caso.
L’orrore che ha cambiato tutto.
E la promessa che ancora oggi,
nell’ombra, non è stata spezzata.

Rimanete connessi.
Il prossimo varco si aprirà prima di quanto immaginiate.


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IL DOSSIER SEGRETO


Scene tagliate e personaggi scomparsi dall’Archivio Blackwood

C’è una stanza, nell’Archivio, che nessuno può aprire.
O meglio: una stanza che nessuno dovrebbe aprire.
Dentro, raccolte in fascicoli impolverati, ci sono pagine che non avete mai letto.

Scene scritte e poi strappate.
Personaggi che hanno respirato solo per un istante.
Capitoli interi sussurrati nella mente e mai arrivati alla luce.
Oggi, con il lume di una candela tremolante, vi invito a entrare con me.


La scena che non avete mai letto: “Il Sussurro di Chalk Farm”

Forse ne avete colto l’eco.
Forse vi è sembrato, leggendo Il Carnefice del Silenzio, che tra una pagina e l’altra ci fosse un vuoto non spiegato.

Non era un errore.
Era una ferita deliberata.
Una scena che parlava troppo presto, che svelava troppo in fretta.
E che, per questo, è stata rimossa.
Ma non dimenticata.

“La testa era china sull’altare, immobile. Un carillon rotto suonava note dissonanti. Nessuna ferita. Nessun sangue. Solo due parole cucite sulla gola, con filo sacro: Per non dimenticare.”

Quel frammento apparteneva a un episodio notturno, ambientato nella canonica di Chalk Farm, nella notte tra il 2 e il 3 gennaio 1889.
Blackwood vi entrava seguendo una pista offerta da una lettera anonima.
Lì, avrebbe trovato un messaggio lasciato non per lui… ma per qualcosa che lo stava seguendo.
Un’ombra.
Una promessa.

La scena è stata tagliata per non spezzare il ritmo, ma ha ancora un posto nel mio personale archivio.
Un giorno, chissà, potrebbe riemergere…


Personaggi che non ce l’hanno fatta (almeno, non in questa vita)

Nei romanzi gotici, ogni personaggio è un’eco, un simbolo, un enigma.
Alcuni, però, non sono mai riusciti a raggiungere la carta stampata.
Ecco tre “spettri” narrativi che hanno bussato alla mia mente ma sono rimasti fuori dalla porta:

1. Elijah Cairns – Il bibliotecario di Craven Cross

Un uomo anziano, cieco, che avrebbe dovuto aiutare Blackwood a tradurre alcuni simboli.
Il suo linguaggio era fatto solo di silenzi e tatto.
Lo avevo immaginato con mani bruciate dall’inchiostro e occhi bianchi come vetro.
È stato sostituito da un’altra figura più enigmatica. Ma le sue parole mute potrebbero ancora risuonare.

2. Abigail Keene – L’infermiera dei sogni

Doveva apparire in una scena onirica nel secondo romanzo, accudendo Blackwood durante un delirio febbrile.
Sussurrava frasi in latino, ma il suo volto cambiava forma ogni volta che veniva guardato.
Non era viva.
Ma nemmeno morta.
Era un incubo che aspettava di essere ricordato.

3. Il Reverendo Fielding – Colui che pregava al contrario

Una figura disturbante, ispirata a leggende realmente esistenti.
Recitava le Sacre Scritture al contrario, come forma di invocazione.
Aveva una Bibbia con le pagine cucite in pelle umana.
Ho deciso di non inserirlo… per ora.


Il futuro del Dossier Segreto

Per ogni scena che resta, ce ne sono dieci che muoiono.
Ma nulla si perde davvero, nell’Archivio Blackwood.
Alcune idee ritornano sotto forma di nuovi personaggi.
Altre cambiano pelle.
Altre ancora… aspettano solo il momento giusto per risorgere.

Vi è piaciuto entrare in questa stanza proibita?
Fatemelo sapere.
Potrei aprire un’altra cartella.
Un altro giorno.


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Scena Inedita – “I Sussurri di Chalk Farm”


Londra, 2 gennaio 1889 – Notte fonda

La nebbia era tornata più densa, come un sudario steso tra le tegole di Chalk Farm. Blackwood camminava a passo deciso sul selciato, il cappotto chiuso fino al collo e la pistola nascosta nella fondina sotto l’ascella. Nessun mandato. Nessun ordine. Solo un nome inciso in una lettera anonima: Bethany Grace – maestra di coro presso la St. Michael’s Chapel.

La porta della canonica era socchiusa.

Entrò.

Il corridoio sapeva di cera e umido, come ogni casa che aveva smesso di pregare. Un suono sottile – forse un salmo spezzato – si levava dal piano superiore, ma Blackwood capì subito che non era cantato da alcuna voce viva.

Salì i gradini.

Una figura stava inginocchiata davanti all’altare di legno consumato. Indossava un abito da corista, ma era rigido, come imbalsamato. La testa era china. Ai piedi, un piccolo carillon rotto, le note uscite di tono.

Quando Blackwood si avvicinò, il corpo crollò all’indietro come un sacco vuoto. Nessun sangue. Nessuna ferita.

Solo due parole cucite sulla gola, con filo sacro:
“Per non dimenticare”.

Un brivido lo attraversò. Alle sue spalle, il salmo riprese. Ma nessuno era lì a cantarlo.


Una scena tagliata per non spezzare il ritmo, ma che rivela un altro tassello del Male che si aggira nell’ombra.


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Dentro il Silenzio –Appunti di un sopravvissuto


Non so nemmeno perché sto scrivendo queste righe.
Forse perché qualcosa di ciò che ho visto vuole uscire, forse per paura che, se resto zitto, finirò anch’io come quelli che non ci sono più.

Ho ancora addosso l’odore della cripta.
Polvere, ferro e cera bruciata.
Non era la prima volta che seguivo l’ispettore Blackwood, ma quella notte… quella notte, no. Non era una come le altre.

Ci sono domande che non dovrebbero mai essere formulate a voce alta, eppure lì sotto, ogni cosa sussurrava. I muri, le ombre, persino il sangue secco sulle pietre sembrava voler dire qualcosa.
E poi c’era quella maschera.
Dio mi perdoni se ancora adesso, quando chiudo gli occhi, ne sento la trama ruvida tra le dita. Non so a chi appartenesse, ma sembrava ancora calda.

Blackwood non parlava molto. Ma io lo guardavo.
Nel suo sguardo c’era qualcosa di più cupo del solito, come se stavolta anche lui sapesse che non tutti ne sarebbero usciti.

Un nome non detto

Non farò nomi.
Chi ha visto non può parlare.
Chi non ha visto non capirebbe.

Ma in fondo a quel dedalo di corridoi, in quella casa dimenticata dai vivi, c’era qualcosa che aspettava. Non so se fosse un uomo, un’idea o un rito interrotto. Ma respirava. E guardava.
Noi non siamo più tornati gli stessi.

❝ Il silenzio, in certi luoghi, non è pace. È condanna. ❞

E ora? Ora Londra è tornata a scorrere. I tram battono le strade, la gente ride nei pub, e i giornali parlano di altro.
Ma io so.
Sotto la città, qualcosa si è mosso.
E quando il silenzio si fa più profondo del dovuto, so che non è solo nella mia testa.

Se mai leggerete queste righe, sappiate solo questo:
non tutto ciò che è sepolto vuole restare tale.
E alcune maschere non coprono un volto. Coprono un vuoto.


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MOIRA – La ferita che cammina

Nel cuore gelido del terzo volume dell’Archivio Blackwood, tra possessioni, simboli perduti e presenze che strisciano sotto la superficie, c’è una figura che non urla, ma pesa: Moira.

Il suo nome, breve e tagliente, è un respiro spezzato nella neve, un’eco silenziosa che accompagna l’ispettore Blackwood in una delle fasi più buie della sua esistenza. Ma Moira non è un semplice personaggio di contorno, e nemmeno una pedina romantica o tragica. Moira è un’assenza che si è fatta carne.

Una donna nata dalla rovina

Difficile raccontarla senza sfiorare il dolore. Moira appare come una sopravvissuta: qualcosa in lei si è rotto molto tempo fa, e da allora vive con l’eco di quella frattura. Non cerca salvezza, non cerca redenzione. Forse non cerca più nulla.

Eppure, è presente. Ostinatamente presente. Nelle scene in cui compare, Moira non ha bisogno di alzare la voce o di imporsi: è la sua sola esistenza a parlare. Le sue mani tremano anche quando stringono un’arma. I suoi occhi vedono troppo. E quando tace, lo fa con più forza di chi grida.

Compagna o spettro?

Blackwood la guarda con un rispetto che rasenta il timore. E non è un caso. Perché Moira è una di quelle figure che la morte ha sfiorato, ma non preso. È stata nel buio, e ne è uscita. Ma non del tutto. Nel romanzo non si chiarisce mai fino in fondo cosa lei sappia, cosa senta davvero. Non è una confidente. Non è una testimone. È una sopravvissuta.

E in un mondo dove il Male prende mille forme, Moira è una forma che il Male non ha saputo corrompere. Ma nemmeno risparmiare.

✝ La fede spezzata

Non prega. Non spera. Ma porta addosso segni invisibili, come stimmate che nessuno vede. In lei convivono il trauma e la lucidità, la disperazione e la determinazione. In altri romanzi sarebbe una “eroina tragica”. Qui, è qualcosa di più umano e più inquietante: una donna che ha visto l’abisso, e ha deciso di restare viva. Nonostante tutto.

❝ Il silenzio di Moira non è vuoto. È una condanna. ❞

La sua presenza nel racconto è come un filo sottile che lega il reale all’indicibile. Non guida la trama, ma la contiene, la sfida, la rende più vera. Non è protagonista, ma nessuna scena dove compare resta indifferente.

Chi legge con attenzione capirà che Moira non è lì per fare luce. È lì per ricordare che non tutto può essere spiegato. E non tutto può essere dimenticato.

Un personaggio da rileggere

Moira è una figura da leggere tra le righe. È una ferita che cammina con dignità, un silenzio pieno di memoria, e forse anche una promessa: che il dolore non è l’ultima parola.

Nel mondo gotico e disperato dell’Archivio Blackwood, Moira è la crepa attraverso cui entra la verità. Quella che brucia. Quella che resta.

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