C’è un confine sottile tra l’atto della scrittura e l’ossessione. Tra l’inchiostro e il sangue. Tra chi racconta e chi viene raccontato.
Nei corridoi dell’Archivio Blackwood, questo confine è spesso superato. I diari si scrivono da soli. Le lettere non arrivano mai. E i manoscritti… a volte sussurrano.
Ma questa non è solo finzione gotica. Esistono casi documentati, realmente accaduti, in cui la scrittura ha condotto alla pazzia, al silenzio eterno o a gesti inspiegabili.
Quando la penna scava nell’abisso
Nel 1865, lo scrittore britannico Richard Dadd, autore di poesie e schizzi fiabeschi, fu internato a Bethlem Hospital dopo aver ucciso il padre. Nelle sue lettere dal manicomio, scrisse che “l’inchiostro era la lingua di un altro”. Le sue opere più tarde erano fitte di simboli e calligrafie spezzate, come se il testo tentasse di fuggire da sé stesso.
Altri, come il gallese Reverendo Glynn, scomparso nel 1892, lasciarono dietro di sé centinaia di pagine scritte in una lingua inventata, sepolte sotto assi marce di una chiesa in rovina. L’unica frase tradotta: “Non è Dio che ascolta. È qualcun altro.”
L’ossessione del dettaglio
Molti scrittori, soprattutto nel XIX secolo, credevano che ogni parola possedesse una vibrazione. Alcuni stilavano le proprie opere in più copie, a mano, convinti che la macchina da stampa potesse “contaminare” il significato originale. Altri, come l’enigmatico autore di Il Codex Umbrae (volume mai ufficialmente pubblicato), annotavano le correzioni sulla pelle animale, anziché sulla carta, “per renderle vive”.
Questo tipo di follia ha ispirato anche la mia scrittura. Nei racconti dell’Archivio Blackwood esistono manoscritti che non si possono rileggere, lettere che cambiano testo da sole, preghiere scritte al contrario, e testamenti pieni di parole cancellate con sangue.
Sono simboli. Ma anche avvertimenti.
Chi scrive si consuma
Scrivere significa evocare. Richiamare alla luce qualcosa che non vuole essere visto. E, a volte, ciò che si evoca… guarda indietro.
Nel mondo dell’Archivio Blackwood, i manoscritti non sono semplici oggetti narrativi: sono portali. Mappe del trauma. Tracce della mente che ha osato troppo.
Chi scrive, lascia una parte di sé sulla pagina. Ma attenzione: non sempre si ha il permesso di riprenderla.
Il Vangelo delle Ombre è il nuovo romanzo gotico che prosegue l’indagine nelle ombre.
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IL CARNEFICE DEL SILENZIO
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