Il Male nei vicoli: perché la Londra vittoriana è perfetta per l’horror gotico


C’è un’oscurità che non ha bisogno di mostri per far paura. Basta la nebbia, il silenzio, un lampione che trema nel vento. Londra, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, è stata il palcoscenico ideale per ogni storia di orrore, mistero e occultismo. Ma perché proprio questa città, in questo periodo storico, continua a evocare brividi e fascino?

✦ Nebbia, gas e decadenza

Il cuore della capitale vittoriana batteva al ritmo delle lanterne a gas, dei cavalli che scalpitavano sul selciato umido, delle urla lontane nei vicoli. Non è un caso se molte delle storie più celebri del terrore gotico — da Dracula a Jekyll e Hyde, ai fantasmi del Tamigi — siano nate qui. Londra era viva, ma soprattutto vibrava di un’energia ambigua, contesa tra progresso e superstizione.

✦ La paura del cambiamento

L’era vittoriana fu un’epoca di grandi trasformazioni: scoperte scientifiche, rivoluzioni industriali, nuove teorie religiose e filosofiche. Ma con il cambiamento arrivarono anche il timore, la perdita di certezze, l’idea che qualcosa di antico e oscuro stesse per essere risvegliato. È su queste crepe che si innestano molte delle storie gotiche: il Male non è mai lontano, è solo in attesa.

✦ L’Archivio Blackwood e l’eco dell’oscurità

Ne Il Vangelo delle Ombre, seconda opera dell’Archivio Blackwood, ho voluto spingere ancora di più su questo senso di smarrimento e angoscia. L’ambientazione — Londra, dicembre 1888 — non è un semplice sfondo, ma una creatura vivente, fatta di scricchiolii, fumi, sguardi invisibili. I vicoli parlano. Le case tacciono. E il confine tra fede e follia si dissolve tra le pagine.

Se amate l’atmosfera decadente, i misteri senza tempo e le ombre che parlano, Il Vangelo delle Ombre vi condurrà proprio lì: dove la luce dei lampioni non arriva mai.

La campagna è ancora attiva! Manca poco al secondo traguardo che anticiperà la pubblicazione.
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Crowdfunding: dietro le quinte di una campagna editoriale


Quando si parla di campagne di crowdfunding per un libro, molti pensano solo a numeri, obiettivi da raggiungere e copie da vendere. Ma la realtà, per chi scrive, è molto diversa. È fatta di attese, speranze, dubbi, notti insonni e una domanda che ti perseguita ogni giorno: “Ce la farò?”

Con Il Vangelo delle Ombre, il mio secondo romanzo gotico, ho scelto di affidarmi a Bookabook, una piattaforma che permette agli autori di farsi pubblicare attraverso il sostegno diretto dei lettori. Niente scorciatoie. Nessuna raccomandazione. Solo parole che devono convincere, emozionare e colpire al cuore.

Quello che molti non vedono è la dedizione quotidiana che una campagna richiede.
Ogni giorno significa:

  • Creare contenuti nuovi per i social.
  • Rispondere a domande e curiosità dei lettori.
  • Scrivere articoli, fare video, ideare immagini.
  • Tenere aggiornata la pagina del libro.
  • E soprattutto, non perdere mai la fiducia, anche quando i preordini rallentano.

Una corsa contro il tempo… e contro se stessi

L’obiettivo è semplice solo in apparenza: 200 copie per essere pubblicato. Ma non è solo una cifra. È una sfida personale. È mettere alla prova non solo il valore del libro, ma anche il legame con i lettori.

E in questa campagna ho scoperto una verità tanto amara quanto potente: spesso, il sostegno più forte arriva da chi non ti conosce. Da chi ha letto la sinossi, visto un post, ascoltato una frase letta ad alta voce… e ha deciso di crederci.

Questo, per un autore, vale più di mille strette di mano.

Cosa succede dopo le 200 copie?

Il libro verrà pubblicato. La redazione avvierà l’editing. L’opera entrerà in libreria.
Ma la campagna non si ferma. C’è un secondo traguardo: le 250 copie.
E se lo raggiungerò in anticipo, l’editing inizierà prima e il libro arriverà prima tra le vostre mani.

Per questo continuo a chiedere una mano, un gesto semplice: un preordine, oppure una condivisione.
Perché ogni singola voce conta.


Il Vangelo delle Ombre è ancora in campagna su Bookabook.
Mancano meno di 50 copie per il secondo step! Se vuoi aiutarmi:

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Il Viaggiatore e i sogni dei bambini


Archivio Blackwood – Fascicolo 41B, Allegato Sogni Ricorrenti – Dicembre 1888

Nei casi di possessione legati alla figura del Viaggiatore dell’Ombra, è stato segnalato un dettaglio inquietante che si ripete con una coerenza sinistra:
alcuni bambini scomparsi lo avevano sognato prima di sparire.
Altri, liberati in extremis, riportano visioni simili tra loro, come se attingessero a uno stesso pozzo.

Le frasi che ricorrono nelle lettere, nei deliri, nei racconti sono sempre spezzate, incomplete, ma si avverte un’unica voce dietro le parole:


“Cammina sulla notte… e la notte si fa viva.”

“Ha una valigia piena di nomi.”

“Non ha ombra, ma lascia ombre negli occhi.”


Padre Quinn ha raccolto, negli anni, testimonianze di sogni condivisi, tracciando un profilo frammentato dell’entità nota come Viaggiatore.
Nessuna delle vittime riesce a ricordare il volto.
Alcuni lo chiamano “L’Uomo del Tempo Perduto”, altri solo “Lui”.

Sogni e segnali

Nel Vangelo delle Ombre, Edgar Blackwood entra nel cuore di un caso in cui questi sogni diventano chiave e condanna.
Una bambina scrive con grafite rossa il nome “Viaggiatore” su una parete.
Un altro piccolo ripete una filastrocca mai sentita prima.
Una vedova posseduta pronuncia nomi che non dovrebbero esistere.

Ma il punto è uno solo:
Il Viaggiatore li vede prima ancora che lo incontrino.


Una storia che sta per diventare libro

Tutti questi elementi – sogni, bambini scomparsi, lettere non spedite – non sono solo suggestioni. Sono il cuore oscuro del mio nuovo romanzo gotico:
Il Vangelo delle Ombre, ambientato nella Londra del 1888.

Il libro è in campagna di crowdfunding con Bookabook, e siamo a meno di 20 copie dal traguardo.

Se raggiungiamo le 200 copie preordinate, sarà pubblicato, distribuito in libreria, e chi lo ordina lo riceverà per primo.

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Dentro il Vangelo delle Ombre – Appunti da un sopravvissuto


La pioggia non ha mai smesso, da quando sono arrivato qui.

C’è un odore persistente di carta umida e ferro ossidato. Ogni porta che si apre in questa città sembra portare a un altro segreto, un altro sussurro dimenticato. Mi muovo con cautela tra i vicoli di Limehouse, tra le vetrate rotte delle cappelle abbandonate, sotto lampioni tremolanti che sembrano sul punto di spegnersi per sempre.

Ho con me una torcia, una pistola scarica e una pagina strappata da un manoscritto che non dovrebbe esistere. L’ho trovata in un confessionale bruciato, inchiodata con un pugnale rituale. Sopra, una scrittura tremante invoca qualcosa che non capisco — ma che sento.

L’aria è pesante. A volte ho l’impressione che le ombre abbiano un respiro. O che un sussurro, ripetuto abbastanza a lungo, possa spezzare la volontà di un uomo.

Ho incrociato lo sguardo di un uomo ieri notte, al bordo del Tamigi. Indossava un abito logoro da predicatore e parlava con qualcuno che non c’era. Quando si è accorto di me, ha solo sussurrato: “Non è un libro. È un invito.”

E in effetti Il Vangelo delle Ombre non si legge soltanto. Si attraversa. E chi lo fa, raramente ne esce illeso.


Un piccolo grande traguardo… ma serve ancora il tuo aiuto!

In meno di 4 giorni sono già state preordinate oltre 150 copie de Il Vangelo delle Ombre. Mancano meno di 50 copie per concludere la campagna di crowdfunding e portare il romanzo nelle librerie italiane grazie alla casa editrice Bookabook!

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Ogni singolo preordine conta, ogni condivisione è preziosa. Grazie a chi ha già sostenuto questo viaggio nelle tenebre.

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Il Vero Volto di Edgar Blackwood


Chi è davvero Edgar Blackwood?

Molti lettori mi hanno chiesto da dove nasca questo personaggio cupo, tormentato, solitario. C’è chi lo ha paragonato a Sherlock Holmes, chi a Van Helsing, chi a un detective decadente uscito da un romanzo di Poe. La verità è che Edgar Blackwood non nasce da un solo volto, ma da molte ombre. Alcune reali, altre letterarie. Tutte profondamente umane.

Un detective figlio del proprio tempo

Blackwood vive nella Londra del 1888, tra nebbie e lampioni a gas, poco dopo i delitti di Jack lo Squartatore. È un uomo che crede nei fatti, ma che ha imparato – a sue spese – che non tutto può essere spiegato con la ragione. A differenza di altri ispettori del suo tempo, ha visto ciò che si cela oltre la superficie delle cose: possessioni, sette, oggetti maledetti. Ed è sopravvissuto.

In lui si fondono la disciplina dello scienziato e l’intuizione dell’occultista. È un razionalista che si è sporcato le mani con il sovrannaturale. È l’uomo moderno che guarda in faccia l’abisso, e continua a camminare.

Le ispirazioni letterarie

Blackwood è, senza dubbio, figlio di una lunga tradizione narrativa. Nella sua mente acuta e nei suoi metodi d’indagine riecheggiano le orme di Holmes. Ma a differenza del grande detective, Edgar non è immune al dubbio, all’angoscia, alla fragilità. Ha amato, ha perso. E porta con sé il peso dei fantasmi che ha incontrato.

Al tempo stesso, in lui si riflette l’archetipo dell’investigatore esoterico: un personaggio caro alla letteratura gotica, che non indaga solo su delitti, ma su verità proibite. In questo senso, Blackwood può essere visto come un erede spirituale di Carnacki, di John Silence, e persino di Abraham Van Helsing.

L’umanità dietro l’oscurità

Nonostante l’aura misteriosa, Blackwood resta un uomo. Ha abitudini precise, manie, un’insonnia cronica, un gusto per i sigari economici e per i libri antichi. Ha amici fedeli (come Declan O’Connor o il sergente Monroe), e nemici che lo conoscono nel profondo.

Il suo dolore non è spettacolare, ma profondo e silenzioso, come i pozzi che esplora nei suoi casi. Non cerca vendetta. Cerca risposte. E forse, nel cuore di ogni indagine, cerca anche una redenzione personale.


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📖 Il libro è leggibile anche singolarmente, senza dover conoscere i precedenti, ma chi ha letto Le Ombre di Whitechapel troverà molti fili nascosti…



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I Casi Reali che Hanno Ispirato L’Archivio Blackwood


La Londra vittoriana è un labirinto di nebbia, ombre e superstizioni. Ma, dietro ogni storia di fantasia che ho scritto, si cela un frammento di verità. Molti dei casi affrontati da Edgar Blackwood – possessioni, omicidi rituali, sette segrete – sono ispirati a documenti, articoli o eventi storici realmente accaduti.
Ecco tre episodi che hanno alimentato le mie notti di scrittura.


1. L’Assassinio di Thomas Briggs (1864) – Il primo omicidio in treno

Nel luglio del 1864, Thomas Briggs fu trovato gravemente ferito su una carrozza di prima classe sulla North London Railway. Era stato rapinato e gettato fuori dal treno in corsa. Morì poche ore dopo. Il caso suscitò scalpore e diede il via al panico morale sulla sicurezza dei trasporti pubblici.
Questo delitto, e il clima di paura che ne seguì, ispirarono alcune atmosfere presenti ne “Il Vangelo delle Ombre”, dove i luoghi chiusi (carrozze, camere, cripte) diventano trappole per l’anima.


2. Il Culto di Tichborne (1871) – Quando un impostore diventa messia

Il caso Tichborne fu un processo lunghissimo e mediatico che coinvolse un uomo che sosteneva di essere Roger Tichborne, erede disperso di una nobile famiglia. La sua causa divenne una sorta di religione popolare: folle di poveri lo sostennero, vedendolo come una figura redentrice.
Questo caso ha ispirato il concetto di culto e cieca adorazione che serpeggia in “Il Carnefice del Silenzio”, dove la figura del “Redentore” viene venerata nonostante i suoi segni mostruosi.


3. Il Caso di Edward Pritchard (1865) – Il medico dell’agonia

A Glasgow, il dottor Edward William Pritchard fu accusato di aver lentamente avvelenato sua moglie e sua suocera con dosi crescenti di antimonio. La stampa lo definì “lo scienziato della sofferenza”, e il suo studio conteneva strumenti medici modificati, libri sull’alchimia e persino animali impagliati.


Il confine tra vero e immaginario

Ogni caso che studio e ogni documento che leggo si sedimenta nell’Archivio Blackwood. Il mio obiettivo non è mai solo spaventare, ma raccontare l’orrore nascosto nelle pieghe della realtà, nei dettagli dimenticati dalla storia ufficiale.
Lì, in quelle ombre, nasce la mia scrittura.


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Le censure editoriali dell’epoca vittoriana


Ovvero: cosa sarebbe successo se Blackwood avesse pubblicato davvero i suoi dossier?

La Londra vittoriana che fa da sfondo ai romanzi dell’Archivio Blackwood era una città di contraddizioni. In superficie, un impero elegante, ingessato dalla morale, dal progresso, dalla scienza. Ma sotto quel velo… c’era altro. C’erano i vicoli che non comparivano sulle mappe. Le case dove la luce non entrava mai. E soprattutto c’erano parole che non potevano essere scritte.

Nel XIX secolo, la censura inglese non era solo religiosa o morale: era istituzionale, e talvolta persino automatica. Bastava parlare di certi argomenti — stregoneria, eresia, culti devianti, possessioni, simboli — per essere considerati “scrittori pericolosi”.

Cosa sarebbe successo se Edgar Blackwood avesse pubblicato davvero i suoi dossier?

Questa è la domanda che attraversa ogni pagina dei miei libri. Blackwood, investigatore tormentato, non scriveva per intrattenere. Scriveva per mettere in guardia. Eppure i suoi rapporti, se davvero fossero esistiti, sarebbero stati immediatamente sequestrati, censurati, forse bruciati.

Come documenti “inadatti al pubblico”, sarebbero finiti negli archivi più nascosti di Scotland Yard o nei corridoi dimenticati del British Museum. In alcuni casi, non sarebbe bastato nasconderli: chi li leggeva, spariva. Come è accaduto a certi personaggi minori dei miei romanzi — bibliotecari, medici, giornalisti — che compaiono per pochi capitoli… e poi svaniscono nel nulla.

La scrittura come resistenza

Scrivere di occulto, di possessioni, di incubi che si muovono tra le strade ghiacciate di Londra, è sempre stato un atto di resistenza. Anche oggi. Perché ogni volta che affronto una nuova indagine di Blackwood, non penso solo alla trama. Penso a ciò che non si può dire, a ciò che verrebbe tagliato, e scelgo consapevolmente di lasciarlo sulla pagina.

Nessuna delle mie storie è davvero “autorizzata”. Sono dossier fittizi, certo, ma custodiscono paure vere. Paure che — anche oggi — qualcuno preferirebbe restassero sepolte.


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Come nasce un personaggio dell’archivio Blackwood


Ogni volta che qualcuno mi chiede da dove nascano i personaggi della saga, la mia risposta è sempre la stessa: nascono nel buio.

Non il buio della notte, né quello metaforico dell’anima… ma quel buio che c’è prima che si accenda la candela. Quando ancora non sai chi parlerà. Chi entrerà in scena. Chi lascerà il segno.

I personaggi dell’Archivio non li “invento”. Li incontro. A volte si presentano di colpo, con un nome e una voce ben definita. Altre volte arrivano in silenzio, attraverso una sensazione, un’ombra, un dettaglio fisico che poi prende forma.

Quando nasce un personaggio?

Di solito prima della trama. Mi viene un volto, o una frase. Uno sguardo. E allora comincio a chiedermi: chi è questa persona? Cosa porta sulle spalle? Perché mi guarda così?

Blackwood, per esempio, non doveva essere il protagonista. Doveva essere una figura secondaria. Ma ha bussato troppo forte alla porta. Troppo deciso. Come se dicesse: “O mi dai il caso… o mi prendo l’Archivio.”

Elias Monroe, invece, è nato da un suono. Una frase. Una parola che lo descriveva: “incrinato”. È da lì che ho ricostruito tutta la sua psicologia.

Di cosa sono fatti?

I miei personaggi non hanno biografie dettagliate da manuale di scrittura. Hanno ferite, segreti, colpe non dette. Non serve sapere dove sono nati. Serve sapere cosa li tiene svegli la notte.

Uso il loro passato come un vetro rotto. Alcuni frammenti emergono, altri restano sepolti. Ma ogni cosa che fanno deve riflettere qualcosa di quel vetro.

Una pagina, un battito

Scrivere di loro è un atto di ascolto. Quando scrivo un dialogo, non decido io cosa dicono. Lo scopro. Se un personaggio non parla, non lo forzo. So che lo farà al momento giusto. O che, forse, è già morto.


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Le vere ispirazioni dietro Il Carnefice del Silenzio


Tra documenti reali, casi dimenticati e atmosfere perdute: cosa si cela dietro le pagine?

Ogni romanzo gotico affonda le radici in un terreno più profondo di quanto si possa immaginare. Il Carnefice del Silenzio, terzo volume dell’Archivio Blackwood, non fa eccezione. Alcuni lettori hanno colto i richiami letterari. Altri, forse, hanno intuito qualcosa di più sinistro: le tracce di vicende realmente accadute. O perlomeno, documentate.

Ma da dove nasce Il Carnefice del Silenzio?


La traccia dimenticata di Millburn

Tutto è iniziato con una nota a margine in un vecchio fascicolo d’archivio:

“Nel febbraio 1886, il reverendo Elias V. riporta il caso di un uomo che da tre giorni parla al contrario, come in preda a una messa blasfema.”

Non c’era altro. Nessun nome completo. Nessun referto ufficiale. Solo questo appunto, custodito in una cartella medica del manicomio di Highgate.

Da qui è nata l’idea di un “carnefice del silenzio”: una figura che si nutre delle parole negate, delle voci interrotte, dei nomi spezzati.


Influenze letterarie e iconografiche

Nel romanzo si avvertono echi di:

  • Thomas De Quincey, soprattutto nelle descrizioni allucinate della Londra notturna;
  • M.R. James, con le sue ombre rituali mai spiegate del tutto;
  • La Bibbia apocrifa e le versioni manipolate delle Sacre Scritture usate come oggetti di potere.

Anche alcune fotografie storiche autentiche – pazienti del Bethlem Hospital, immagini di reliquie esorcistiche, disegni di sigilli medievali – sono servite da ispirazione per le scene più disturbanti.


Un nemico che non ha volto

La domanda che si fa strada tra le righe del romanzo è:
e se il Male non fosse un volto… ma un messaggio interrotto?

Ogni figura corrotta che compare ne Il Carnefice del Silenzio è solo un’eco. La vera origine resta nascosta, ed è proprio quella assenza a far paura.

Un silenzio che urla più forte di qualsiasi confessione.


In Conclusione

Scrivere Il Carnefice del Silenzio è stato come scavare in un archivio polveroso che esiste davvero: dentro le biblioteche, ma anche nella memoria. Ogni frase tagliata, ogni nome dimenticato, ogni preghiera pronunciata sottovoce potrebbe diventare la radice di un nuovo orrore.

Forse, non è tutto finito.
Forse, c’è ancora qualcosa che vuole essere raccontato…


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IL DOSSIER SEGRETO


Scene tagliate e personaggi scomparsi dall’Archivio Blackwood

C’è una stanza, nell’Archivio, che nessuno può aprire.
O meglio: una stanza che nessuno dovrebbe aprire.
Dentro, raccolte in fascicoli impolverati, ci sono pagine che non avete mai letto.

Scene scritte e poi strappate.
Personaggi che hanno respirato solo per un istante.
Capitoli interi sussurrati nella mente e mai arrivati alla luce.
Oggi, con il lume di una candela tremolante, vi invito a entrare con me.


La scena che non avete mai letto: “Il Sussurro di Chalk Farm”

Forse ne avete colto l’eco.
Forse vi è sembrato, leggendo Il Carnefice del Silenzio, che tra una pagina e l’altra ci fosse un vuoto non spiegato.

Non era un errore.
Era una ferita deliberata.
Una scena che parlava troppo presto, che svelava troppo in fretta.
E che, per questo, è stata rimossa.
Ma non dimenticata.

“La testa era china sull’altare, immobile. Un carillon rotto suonava note dissonanti. Nessuna ferita. Nessun sangue. Solo due parole cucite sulla gola, con filo sacro: Per non dimenticare.”

Quel frammento apparteneva a un episodio notturno, ambientato nella canonica di Chalk Farm, nella notte tra il 2 e il 3 gennaio 1889.
Blackwood vi entrava seguendo una pista offerta da una lettera anonima.
Lì, avrebbe trovato un messaggio lasciato non per lui… ma per qualcosa che lo stava seguendo.
Un’ombra.
Una promessa.

La scena è stata tagliata per non spezzare il ritmo, ma ha ancora un posto nel mio personale archivio.
Un giorno, chissà, potrebbe riemergere…


Personaggi che non ce l’hanno fatta (almeno, non in questa vita)

Nei romanzi gotici, ogni personaggio è un’eco, un simbolo, un enigma.
Alcuni, però, non sono mai riusciti a raggiungere la carta stampata.
Ecco tre “spettri” narrativi che hanno bussato alla mia mente ma sono rimasti fuori dalla porta:

1. Elijah Cairns – Il bibliotecario di Craven Cross

Un uomo anziano, cieco, che avrebbe dovuto aiutare Blackwood a tradurre alcuni simboli.
Il suo linguaggio era fatto solo di silenzi e tatto.
Lo avevo immaginato con mani bruciate dall’inchiostro e occhi bianchi come vetro.
È stato sostituito da un’altra figura più enigmatica. Ma le sue parole mute potrebbero ancora risuonare.

2. Abigail Keene – L’infermiera dei sogni

Doveva apparire in una scena onirica nel secondo romanzo, accudendo Blackwood durante un delirio febbrile.
Sussurrava frasi in latino, ma il suo volto cambiava forma ogni volta che veniva guardato.
Non era viva.
Ma nemmeno morta.
Era un incubo che aspettava di essere ricordato.

3. Il Reverendo Fielding – Colui che pregava al contrario

Una figura disturbante, ispirata a leggende realmente esistenti.
Recitava le Sacre Scritture al contrario, come forma di invocazione.
Aveva una Bibbia con le pagine cucite in pelle umana.
Ho deciso di non inserirlo… per ora.


Il futuro del Dossier Segreto

Per ogni scena che resta, ce ne sono dieci che muoiono.
Ma nulla si perde davvero, nell’Archivio Blackwood.
Alcune idee ritornano sotto forma di nuovi personaggi.
Altre cambiano pelle.
Altre ancora… aspettano solo il momento giusto per risorgere.

Vi è piaciuto entrare in questa stanza proibita?
Fatemelo sapere.
Potrei aprire un’altra cartella.
Un altro giorno.


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