Dentro la mente dell’autore: intervista a Claudio Bertolotti


Ho sempre pensato che scrivere fosse un viaggio nel silenzio. Un percorso fatto di ombre, ricordi, paure… e di voci che non trovano una forma.
Quando infatti sono stato intervistato dal Club del Libro, ho avuto occasione di raccontare non solo i miei titoli già pubblicati o in uscita, ma soprattutto l’idea di fondo che li tiene vivi: il desiderio di dare corpo a ciò che resta taciuto.

L’origine del racconto

Ho cominciato a scrivere attorno ai dodici anni, per liberarmi da pensieri che non sapevo spiegare a voce. Raccontavo storie brevi, dark, istintive… e già allora capivo che dietro l’incubo c’era un motivo.
Scrivere è diventato la necessità di trovare un ordine nel caos quotidiano, una via per restare me stesso quando il mondo sembrava chiedermi silenzio.

Il percorso: tra indipendenza e editoria

Oggi ho un accordo con Bookabook e Saga Edizioni, ma il mio sguardo va oltre: la libertà creativa è la bussola che non voglio mai perdere.
Il blocco dello scrittore? Esiste, ma è solo un momento: il vero motore è farsi trovare in ascolto, senza forzare, aspettando che le idee si trasformino in trama.

Personaggi, trama e verità

«Costruisco i miei personaggi a partire dalle loro fragilità… Mi interessa più ciò che nascondono che ciò che mostrano». Queste parole, pronunciate… …mi restituiscono la ragione profonda del mio lavoro: non voglio solo narrare. Voglio toccare l’intimità del Male, del Vuoto, del Silenzio.
La trama? È il sentiero. I personaggi? Sono la ragione per cui vale la pena percorrerlo.

Critica, feedback e comunità

Le recensioni negative? Non le temo. Le false sì, le contesto.
Ma ciò che mi emoziona è il dialogo con i lettori: ogni messaggio, ogni riflessione mi ricorda perché ho iniziato – per condividere ciò che resta nell’ombra.


Per chi vuole andare oltre

Leggi l’intervista completa:
Intervista a Claudio Bertolotti – Club del Libro

Se vuoi approfondire: 🌐 www.claudiobertolotti83.net
📸 Instagram: @autoreclaudiobertolotti – @archivio_blackwood
📬 Substack: https://claudiobertolotti.substack.com


Intervista completa su CLEOPATRA – Un viaggio nell’Archivio Blackwood

Siamo felici di annunciare la pubblicazione dell’intervista completa su CLEOPATRA, a cura di Alessio Valsecchi, che ha avuto la sensibilità e la profondità per esplorare a fondo il mondo narrativo dell’Archivio Blackwood.

Un dialogo intenso che tocca ogni aspetto della scrittura: dall’ispirazione ai personaggi, dai simboli occulti alla Londra del 1888, fino alle strategie editoriali e alle sfide del self publishing.

Ringraziamo Alessio per l’attenzione, la professionalità e l’empatia dimostrata durante l’intervista, e invitiamo tutti i lettori ad immergersi nel testo integrale qui:

👉 Leggi l’intervista completa su CLEOPATRA circa a metà pagina troverete la mia foto con in mano il Libro “Il Vangelo delle Ombre”.

👁 Se vi appassionano i misteri, le atmosfere gotiche, i conflitti interiori e le città che respirano come personaggi… troverete pane per i vostri incubi.

📖 Le Ombre di Whitechapel, Il Vangelo delle Ombre e l’imminente Il Carnefice del Silenzio vi aspettano tra le pagine dell’Archivio Blackwood.

Qui riporto l’intervista:

 Alessio Valsecchi intervista Claudio Bertolotti

Claudio Bertolotti è nato a Erba nel 1983. Dopo aver intrapreso gli studi di Giurisprudenza, ha intrapreso la carriera imprenditoriale, coltivando una profonda passione per la storia romana e per l’universo narrativo di Sherlock Holmes.

Il suo interesse per il mistero, l’occulto e l’epoca vittoriana lo ha portato prima a scrivere “ Le Ombre di Whitechapel” – un racconto dove si intrecciano mitologia oscura, detective story e atmosfere da incubo – e poi il successivo e recente “Il vangelo delle ombre”.

[CLEOPATRA]: Ciao Claudio, benvenuto sulle pagine di CLEOPATRA. I nostri lettori amano esplorare i segreti della scrittura e delle storie che mescolano mistero, introspezione e stile. I tuoi romanzi gotici ambientati nella Londra del 1888 affascinano e potrebbero affascinare molti. Oggi vogliamo scavare con te tra le pieghe della narrativa, dei personaggi, delle strategie editoriali e della passione che ti guida.

Partiamo dalle origini. Quando hai capito che scrivere non sarebbe stata solo una passione marginale ma qualcosa da vivere a fondo e condividere con il pubblico?

[Claudio Bertolotti]: Scrivere è sempre stato parte di me, ma per lungo tempo l’ho vissuta come un’attività privata, quasi segreta.

Ho capito che era qualcosa da vivere a fondo nel momento in cui le storie hanno cominciato a cercarmi anche fuori dalla pagina. Quando i personaggi restavano con me dopo aver spento il PC, quando sentiva il bisogno non solo di creare, ma di condividere. È stato allora che ho capito che non bastava più scrivere: dovevo far esistere quei mondi anche per gli altri.

[CLEOPATRA]: Il tuo amore per il giallo, il thriller e l’horror gotico emerge in modo vivido nei tuoi romanzi. Cosa ti affascina di più di questi generi? E cosa credi che offrano in più rispetto ad altri?

[CB]: Mi affascina la loro capacità di far luce nell’oscurità, senza però offrire soluzioni comode. Il giallo pone domande. Il thriller accelera il battito. Ma è il gotico a restare sotto pelle. Questi generi permettono di esplorare i confini tra razionalità e ignoto, tra giustizia e ossessione, tra fede e follia. Offrono qualcosa che altri generi non sempre osano: la possibilità di guardare in faccia l’abisso e di chiedersi, senza filtri, cosa ci sia davvero dall’altra parte.

[CLEOPATRA]: Nel tuo primo romanzo, “Le Ombre di Whitechapel – Il segreto del sangue immortale” , ci porti in una Londra misteriosa dove la logica si sgretola di fronte all’ignoto. Se dovessi scegliere un solo elemento che rende quel libro imprescindibile, quale sarebbe e perché?

[CB]: L’elemento imprescindibile è la sovrapposizione tra razionale e irrazionale. “Le Ombre di Whitechapel” non è solo un’indagine, è un crollo di certezze. Il lettore entra pensando di trovare un classico mistero vittoriano, e si ritrova a confrontarsi con qualcosa che sfugge al controllo della mente: un culto, una sete antica, una verità che non può essere spiegata con la logica. Quello scontro tra scienza e superstizione, tra Holmes e il sovrannaturale, è il cuore pulsante del romanzo. È lì che il mondo comincia a cambiare — per lui e per chi legge.

[CLEOPATRA]: In una precedente intervista su RecensioneLibro.it hai detto che il tuo libro è “una discesa nelle pieghe oscure della Londra vittoriana” e che l’indagine affronta il maschio “visibile e invisibile”. potresti approfondire questo concetto? Come hai costruito questo doppio livello di lettura?

[CB]: Ho voluto costruire un’indagine che si muovesse su due piani: quello dell’apparenza e quello del sottosuolo. Il maschio visibile è ciò che accade: un delitto, una traccia, un volto sospetto. Ma il maschio invisibile è ciò che si insinua: i silenzi, i simboli dimenticati, gli sguardi che evitano la verità. Londra, in questo senso, è perfetta: ha due volti. Quello in superficie è quello che vive nei vicoli, nei sotterranei, nei culti dimenticati.

La costruzione del romanzo segue lo stesso principio. Mentre il lettore segue l’indagine, sotto la trama si accumulano indizi che parlano di un orrore più antico, più profondo. È lì che nasce il doppio livello: uno razionale, l’altro rituale. E Blackwood è costretto a muoversi tra entrambi, senza sapere da quale parte verrà colpita.

[CLEOPATRA]: Nel secondo volume della serie, “Il Vangelo delle Ombre” , l’elemento religioso e quello psicologico sembrano intrecciarsi profondamente. Quanto è centrale il rapporto tra fede e razionalità nel romanzo?

[CB]: È un tema centrale. Ne “Il Vangelo delle Ombre”, fede e razionalità non sono in opposizione: sono in tensione continua. Blackwood è un uomo razionale, ma se trovato immerso in una realtà dove la fede, o meglio la sua distorsione, diventa strumento di potere e manipolazione. Il romanzo esplora proprio questo: cosa succede quando la fede smette di essere conforto e diventa controllo?

E cosa succede quando la razionalità non basta più a spiegare ciò che accade? Ho voluto che il lettore, insieme a Blackwood, si trovasse a camminare su quella linea sottile, dove i dogmi vacillano e il dubbio diventa l’unico rifugio possibile.

[CLEOPATRA]: Nel libro compaiono simboli arcaici, sogni disturbanti e “presenze invisibili”. Si tratta solo di suggestioni narrative o c’è anche un intento simbolico o filosofico più profondo?

[CB]: Non sono solo suggerimenti. Ogni simbolo, ogni sogno, ogni “presenza” ha una funzione narrativa, ma anche simbolica. Il vero terrore, per me, non nasce da ciò che si vede, ma da ciò che si intuisce. E tutti questi elementi — i segni arcaici, le allucinazioni, le apparizioni — sono riflessi di qualcosa che Blackwood (e il lettore) porta già dentro.

Sono manifestazioni dell’inconscio, certo, ma anche portali verso una verità più antica, più scomoda. Nel mio mondo narrativo, l’orrore non è mai gratuito: è sempre una forma di rivelazione. E chi osa affrontarlo, deve farlo sapendo che potrebbe non tornare più lo stesso.

[CLEOPATRA]: Uno dei personaggi chiave del romanzo è un sacerdote tormentato dal proprio passato. Che funzione svolge nel racconto? È una figura di redenzione o piuttosto un’eco del peccato che perseguita tutti i protagonisti?

[CB]: Padre Marcus Quinn è entrambe le cose. È una figura che porta con sé il peso della colpa, ma anche la volontà di riscattarsi attraverso l’azione. Non è un “buono” in senso tradizionale: è lacerato, imperfetto, profondamente umano.

La sua funzione narrativa è duplice: da un lato rappresenta la possibilità di redenzione, dall’altro è lo specchio di un passato che nessuno dei protagonisti può davvero lasciarsi alle spalle. La sua fede è autentica, ma ferita. E proprio per questo diventa un baluardo fragile ma essenziale contro l’oscurità. In un mondo dove il male agisce attraverso il silenzio, Quinn è l’unico che tenta — anche a costo di fallire — di alzare la voce.

[CLEOPATRA]: Nel tuo secondo romanzo Londra diventa quasi un personaggio essa stessa, con i suoi sotterranei ei suoi segreti. Come hai lavorato sull’ambientazione per darle una voce narrativa autonoma e inquietante?

[CB]: Londra, per me, non è solo lo sfondo: è un organismo vivente. Ha memoria, ombre, respiri. Nei miei romanzi cerco di mostrarla nei suoi strati più profondi: quelli che non si vedono sulle mappe, ma si sentono sotto i piedi. I vicoli, i sotterranei, le cripte e le case diroccate sono spazi che parlano — o meglio, sussurrano.

Ho lavorato sull’ambientazione come se fosse un personaggio muto ma presente: una città che osserva, che assorbe il dolore, che protegge e insieme condanna. La nebbia sporca, densa, quasi viscosa, è parte integrante di ogni mio romanzo. Oltre ad essere storicamente dimostrata dai testi dell’epoca. Ogni luogo in cui si muove Blackwood è una prova, un enigma. E spesso è la città stessa a decidere chi può tornare indietro.

[CLEOPATRA]: Restando in tema: ambientare la saga a Whitechapel nel 1888 non può non evocare Jack lo Squartatore. Dobbiamo aspettarci che prima o poi faccia la sua comparsa nel tuo universo narrativo? O è una figura che preferisci lasciare sullo sfondo del mito?

[CB]: Jack lo Squartatore è un’ombra che incombe su tutto il mio universo narrativo, ma proprio per questo va trattato con rispetto. È più mito che persona, più simbolo che assassino. Non escludo che possa apparire, ma se lo farà non sarà mai un semplice “personaggio”: sarà una presenza, un riflesso, un enigma irrisolto che sfida anche l’Archivio Blackwood.

Per ora preferisco lasciarlo lì, al confine tra cronaca e incubo, dove la sua figura alimenta l’atmosfera senza bisogno di essere esplicitata. Anche perché, come soggetto, è stato ampiamente abusato, nella narrativa. Ma come ogni ombra… potrebbe tornare, quando meno ce lo aspettiamo.

[CLEOPATRA]: Parliamo del tuo protagonista, l’ispettore Edgar Blackwood. Non è un classico eroe, ma un uomo ferito, lucido e inquieto. Come l’hai costruito e quanto c’è di te in lui?

[CB]: Blackwood è nato da una frattura. Volevo un protagonista che non fosse un eroe, ma un uomo consapevole della propria debolezza. È lucido, ossessivo, analitico — ma porta dentro una solitudine che non riesce a colmare, un passato che non ha mai davvero affrontato.

C’è molto di me in lui. Sono una persona razionale, spesso guidata dal bisogno di accogliere e controllare ciò che mi circonda. Ma, come Blackwood, ho i miei demoni interiori. Quelle inquietudini che non si possono spiegare del tutto, ma che ti spingono a scavare, a indagare, a non fermarti mai alla superficie. Blackwood è questo: una mente brillante, costretta ogni giorno a fare i conti con ciò che non può comprendere fino in fondo. E forse, proprio per questo, continua a cercare.

[CLEOPATRA]: Sul piano della promozione online, ti muovi con attenzione e creatività: sito personale, Instagram, immagini evocative. Quali sono le strategie che ti hanno dato maggiori risultati? Hai dei consigli per altri autori emergenti?

[CB]: Nel tempo ho capito che la promozione online non può essere improvvisata: deve essere coerente con la voce del libro e con l’identità dell’autore. Per me è fondamentale creare un immaginario che accompagni il lettore anche fuori dalla pagina: un sito curato, immagini evocative, post che trasmettono atmosfera prima ancora della trama. Tra tutti, Facebook e Instagram si sono rivelati i canali più efficaci, perché permettono un dialogo diretto, costante, umano.

La pubblicità su Amazon, purtroppo, non sempre valorizza adeguatamente i libri di nicchia o indipendenti: è utile, ma va maneggiata con cautela, senza aspettative esagerate. Non utilizzo personalmente TikTok, quindi non posso esprimermi in merito, ma credo che ogni autore debba scegliere la piattaforma che rispecchia meglio il proprio stile e il proprio pubblico.

Il consiglio che darei? Non puntare alla visibilità immediata, ma alla coerenza nel tempo. La fiducia dei lettori si costruisce con presenza, onestà, qualità e pazienza.

[CLEOPATRA]: E nel mondo “offline”? Partecipi a fiere, firmacopie o eventi dal vivo? Cosa pensi del contatto diretto con i lettori oggi, in un’epoca sempre più digitale?

[CB]: Ad oggi non ho ancora partecipato attivamente ad eventi dal vivo come autore, anche se ovviamente ho frequentato realtà importanti come il Salone del Libro, dove il confronto con lettori e professionisti è sempre stimolante. Mi piacerebbe molto iniziare a farlo: presentazioni, firmacopie, letture ad alta voce — credo siano esperienze preziose non solo per promuovere un libro, ma per viverlo insieme a chi lo ha letto o lo scopre in quel momento.

In un’epoca sempre più digitale, il contatto diretto con il lettore è qualcosa che acquista ancora più valore. Guardarsi negli occhi, parlare di ciò che ha colpito, emozionato o inquietato: è una parte della scrittura che merita spazio. E che spero presto di esplorare di persona.

[CLEOPATRA]: Sui tuoi social utilizzi spesso immagini create con l’intelligenza artificiale che evocano scene e atmosfere dei tuoi romanzi. Come sei arrivato a questa scelta? Hai mai collaborato anche con un illustratore o grafico tradizionale?

[CB]: Al momento non collaboro con illustratori o grafici tradizionali, anche se mi piacerebbe farlo molto in futuro. Per ora mi affido all’intelligenza artificiale, soprattutto per la creazione di immagini evocative legate ai miei romanzi. È uno strumento affascinante, che permette di dare forma a suggestioni visive coerenti con il tono gotico e simbolico dell’Archivio Blackwood.

Tuttavia, ha anche i suoi limiti: la creazione delle copertine, ad esempio, è spesso complessa e richiede molta pazienza. A volte servono giorni interi e decine di tentativi per ottenere un risultato che sia davvero all’altezza del progetto narrativo. Nonostante questo, credo sia una risorsa utile per costruire un immaginario coerente e immersivo, soprattutto per chi — come me — desidera curare ogni dettaglio visivo in prima persona.

[CLEOPATRA]: Hai scelto il self publishing per pubblicare la saga. Quali sono le sfide maggiori di questa strada e quali le soddisfazioni più grandi? Cosa consiglieri a chi sta pensando di intraprenderla?

[CB]: Il self-publishing è una strada affascinante, ma anche molto impegnativa. La sfida principale è l’isolamento decisionale: sei tu a dover curare ogni dettaglio, dalla correzione del testo alla promozione, dall’impaginazione alla grafica. Ma dall’altro lato, è proprio questo controllo totale che rappresenta la soddisfazione più grande: ogni parola, ogni immagine, ogni scelta estetica rispecchia esattamente la tua visione.

Purtroppo, come tanti, mi sono scontrato con un mondo saturo di libri e spesso opaco sul fronte editoriale: agenzie che chiedono cifre considerevoli senza alcuna garanzia di pubblicazione, o editori — per fortuna pochi — che propongono contratti in cui è l’autore a dover versare una quota per realizzare il proprio libro. Per questo ho scelto l’autopubblicazione: per avere libertà, dignità e trasparenza.

A chi sta pensando di intraprendere questa strada, consiglio due cose: studiare a fondo ogni aspetto tecnico (formati, impaginazione, diritti, distribuzione) e mantenere alta la qualità in ogni fase. Il lettore merita sempre il meglio, indipendentemente da chi pubblichi il libro.

[CLEOPATRA]: Cosa puoi anticiparci dei tuoi progetti futuri? Il terzo capitolo della saga, “Il Carnefice del Silenzio”, promette scenari monastici e rituali dimenticati: a che punto sei con la stesura? E ci saranno altre sorprese per i tuoi lettori?

[CB]: Attualmente sono al completamento del quarto capitolo su una struttura prevista di circa 22–23 capitoli de “Il Carnefice del Silenzio”. Sarà un romanzo più lungo, più profondo, più ragionato e, credo, anche più maturo rispetto ai precedenti. Un racconto che indaga il silenzio come forza oscura e rituale, ma senza mai perdere di vista l’umanità dei personaggi.

Nel frattempo, sto lavorando all’uscita dell’edizione speciale rigida “L’Archivio Blackwood – Volume I: Le Origini”, che raccoglie i primi due romanzi (“Le Ombre di Whitechapel” e “Il Vangelo delle Ombre”) con contenuti extra esclusivi: immagini, appendici inedite, lettere, mappe, simboli e frammenti d’archivio nuovi. Fa parte della serie “I dossier dell’Archivio Blackwood”, un progetto pensato per i lettori più affezionati, che vogliono immergersi ancora più a fondo nel mondo narrativo della saga.

E naturalmente… ho già in mente almeno altri due volumi per il futuro. L’Archivio è grande, ei suoi segreti non sono ancora finiti.

[CLEOPATRA]: Per chi volesse contattarti, seguirti o magari collaborare con te, quali sono i canali migliori?

[CB]: Sono sempre felice di entrare in contatto con chi legge, scrive o desidera collaborare. I canali migliori per seguirmi sono:

⦁ Instagram: @archivio_blackwood – dove pubblico immagini evocative, anticipazioni e contenuti esclusivi.

⦁ Il mio sito ufficiale: www.claudiobertolotti83.net – lì si trovano articoli, aggiornamenti e tutte le informazioni sulla saga.

⦁ Email diretta: autore.claudiobertolotti@gmail.com – per chi desidera propormi un progetto, un’intervista o semplicemente scambiare qualche parola sul mondo dell’Archivio.

Cerco sempre di rispondere con attenzione e cura. L’incontro con i lettori è una delle parti più vere e preziose di questo percorso.

[CLEOPATRA]: Infine, Claudio, hai la possibilità di rivolgerti direttamente ai nostri lettori. Perché dovrebbero immergersi oggi nelle ombre di Whitechapel e dell’Archivio Blackwood?

[CB]: Perché Archivio Blackwood non è solo una saga gotica ambientata nell’Ottocento. È un viaggio nei lati nascosti dell’animo umano, tra colpe che non passano e silenzi che parlano più delle parole. Chi sceglie di immergersi in queste pagine, sceglie di camminare accanto a personaggi imperfetti, tormentati da demoni interiori, ma ancora capaci di lottare contro l’oscurità — dentro e fuori di sé.

E se è vero che ogni epoca ha i suoi fantasmi, credo che i nostri non siano poi così diversi da quelli che infestano le strade di Whitechapel. Per questo, forse, oggi più che mai… vale la pena ascoltarli.

[CLEOPATRA]: Grazie Claudio per essere stato con noi. Ai nostri lettori diciamo questo: se amate le atmosfere cupe, le indagini che sfidano la logica ei personaggi tormentati che cercano la luce nel buio, non potete perdervi i romanzi di Claudio Bertolotti. L’Archivio Blackwood vi aspetta… e non sarà un viaggio da cui tornerai uguali.