È pronto. Il Vangelo delle Ombre sta per essere svelato.

Il manoscritto è finito, l’impaginazione completata, le ultime candele sono state accese. Dopo mesi di lavoro, notti insonni e viaggi tra le nebbie di una Londra dimenticata, Il Vangelo delle Ombre è pronto per il suo debutto.

L’ispettore Edgar Blackwood è tornato. Ma non sarà solo.

Non vi diremo di più. Non ancora.

Possiamo solo dirvi che questo nuovo caso ha il sapore del mistero, il respiro del soprannaturale e il peso delle ombre. È un racconto gotico, oscuro, denso di simboli e silenzi.

Inizia ora il countdown.

Il libro sarà presto disponibile in formato ebook Kindle e cartaceo brossura.
Nel frattempo, ecco la copertina ufficiale per entrare nell’atmosfera:

Restate sintonizzati… e non fidatevi delle ombre

L’eco sotto Whitechapel

Un frammento narrativo dalla Londra nascosta

L’aria puzzava di carbone umido e rame ossidato.
L’uomo scese l’ultima rampa con la lanterna tremante tra le dita, sentendo il rumore del proprio respiro amplificarsi contro le pareti curve della cripta.

Nessuno sapeva dell’ingresso.
Nessuno, tranne lui.
E chi l’aveva guidato fin lì con un biglietto anonimo, piegato tre volte, lasciato nel taschino del suo cappotto all’alba. Sopra, solo una frase:
“Ascolta dove tutti hanno smesso di sentire.”

Il silenzio non era completo, laggiù.
Tra le colonne spezzate, le ossa incise e l’odore dolciastro della cera, qualcosa si muoveva. Non passi, ma un battito. Un suono profondo, distante… come se la città respirasse dal sottosuolo.

Si inginocchiò accanto a un mosaico consunto, appoggiando la mano su una pietra annerita.
La lanterna tremò.
Lui trattenne il fiato.
E poi lo sentì: non parole, ma un’eco. Un nome sussurrato.
“Blackwood…”

Un altro frammento di Londra.
Un altro segreto sepolto. Una scena tagliata.

Il silenzio delle vittime

Non urlano più. Ma chi ascolta attentamente… sente ancora la loro voce.”

In Le Ombre di Whitechapel, ogni crimine lascia dietro di sé più di un cadavere.
Lascia un’eco. Un vuoto.
Una domanda sospesa che nessuno osa pronunciare: perché proprio loro?

Le vittime nel racconto non sono solo strumenti per la trama.
Ognuna di esse ha un volto, un passato, una storia spezzata troppo presto.
E anche se appaiono per pochi istanti, la loro presenza aleggia in ogni pagina, come presenze invisibili che osservano, giudicano, attendono giustizia.

Blackwood non è un uomo che dimentica.
Ogni corpo trovato, ogni scena del crimine, ogni simbolo inciso sulla carne, diventa parte del suo tormento personale.
Perché il Male che colpisce nell’ombra non lo fa mai a caso.
Colpisce chi è solo. Chi è debole. Chi non può difendersi.

E allora la domanda cambia:
non più “Chi è il colpevole?”, ma
“Chi ha permesso che accadesse ancora?”

Le Ombre di Whitechapel è anche questo:
un racconto di voci spezzate, che qualcuno deve avere il coraggio di ascoltare.

Il simbolo inciso nella pietra

Non era solo un segno.
Era una minaccia.
Un richiamo antico.
Un avvertimento inciso con dita che non erano più umane.”

Durante le indagini nel cuore oscuro di Londra, Blackwood e i suoi compagni si imbattono in qualcosa che va oltre la logica.
Un simbolo inciso nella pietra, presente nei luoghi dove il sangue è stato versato e il silenzio ha preso il sopravvento.

Un drago stilizzato, con ali contorte e occhi che sembrano scrutare chi lo osserva.
Un glifo. Un marchio.
O forse una chiave.

Cosa rappresenta davvero?
Nel racconto non viene mai spiegato del tutto. E forse è giusto così.
Perché certi simboli non vanno capiti, vanno temuti.

Come accade nei migliori racconti gotici, Le Ombre di Whitechapel lascia spazio al mistero.
E quel simbolo — marchiato sul basalto, inciso nel corpo di una vittima, nascosto in una cripta — continua a pulsare anche dopo l’ultima pagina.

Chi lo ha tracciato?
Perché è tornato a emergere nel 1888?
E cosa succederebbe se qualcuno lo attivasse di nuovo?

Edgar Blackwood: l’ispettore che sfida l’oscurità

Nel cuore fumoso della Londra vittoriana, tra vicoli infestati dalla nebbia e dal terrore, si muove una figura inconfondibile: l’ispettore Edgar Blackwood.
Protagonista del racconto Le Ombre di Whitechapel – Il Segreto del Sangue Immortale, Blackwood incarna l’anima più tormentata e affascinante del detective gotico.

Chi è Edgar Blackwood?
Ex soldato dell’esercito britannico, veterano della guerra di Crimea, Blackwood è sopravvissuto a orrori indicibili, riportandone non solo cicatrici fisiche ma anche profonde ferite interiori. Al ritorno a Londra, decide di dedicare la sua vita alla giustizia, entrando a far parte della Polizia Metropolitana.

Ma Blackwood non è un uomo come gli altri.
Schivo, ruvido nei modi, si porta addosso il peso di un passato di violenze e perdite. Il suo sguardo d’acciaio, il pugno facile ereditato dagli anni da pugile di strada, e i sigari economici che non abbandona mai, sono i suoi tratti distintivi. Eppure, dietro l’aspetto burbero si nasconde un’intelligenza acuta, un senso dell’onore incorruttibile e un’insaziabile sete di verità.

Un eroe imperfetto
A differenza dei classici investigatori, Edgar Blackwood non si lascia incantare da teorie astratte o dall’autocelebrazione.
In un’epoca in cui l’apparenza spesso conta più della sostanza, lui è l’antitesi del funzionario di facciata: preferisce la strada agli uffici, l’azione alla politica.
Questo suo atteggiamento gli procura l’inimicizia dei superiori, in particolare dell’ispettore capo Harrington, e lo rende un outsider all’interno della stessa Scotland Yard.

Il tormento come forza
Ciò che rende Blackwood un personaggio indimenticabile è proprio il suo rapporto con l’oscurità.
Non combatte solo i mostri che si annidano nei bassifondi di Whitechapel: ogni giorno deve affrontare anche i suoi demoni interiori — l’incubo della guerra, la perdita, il senso di colpa.
Eppure, invece di soccombere, usa questo tormento come arma.
La sofferenza affina i suoi sensi, alimenta la sua determinazione.
Blackwood non cerca redenzione: cerca giustizia, a qualunque costo.

Il cuore sotto l’armatura
Seppure riluttante a mostrare emozioni, l’amicizia profonda con il sergente Declan O’Connor rivela un lato più umano di Blackwood: quello di un uomo capace di lealtà assoluta e di un silenzioso, doloroso bisogno di legami autentici.
Il loro rapporto è uno dei fili emotivi più forti del racconto.

Edgar Blackwood è più di un semplice investigatore:
è l’ultimo baluardo contro l’orrore che striscia tra le ombre di Londra.
Ed è proprio la sua imperfezione a renderlo così reale, così vivo — un eroe stanco ma ancora in piedi, pronto a sfidare l’impossibile.