Ci sono storie che non ti lasciano in pace. Non perché affascinino, ma perché inquietano, disturbano, costringono a guardare in fondo a ciò che normalmente scegliamo di ignorare.
Così, quasi dieci anni fa, iniziai a scrivere un saggio su Ed Gein, un uomo la cui mente contorta e tragica ha ispirato alcuni dei personaggi più iconici dell’orrore: Norman Bates in Psycho, Leatherface in Non aprite quella porta, Buffalo Bill ne Il silenzio degli innocenti.
L’occasione nacque guardando American Horror Story – Asylum: il personaggio di Bloody Face, liberamente ispirato a Gein, mi spinse a chiedermi cosa ci fosse davvero dietro la maschera del mostro.
Da quel momento cominciai a raccogliere documenti, interviste, testimonianze e rapporti dell’epoca.
Non volevo scrivere un libro sensazionalistico, ma un saggio d’indagine psicologica, capace di separare la realtà dai miti che il cinema aveva creato intorno a lui.
Mi fermai a poche pagine dalla fine, travolto da lavoro e vita quotidiana. Ma quella storia rimase lì, sospesa.
Quando, qualche mese fa, Netflix ha annunciato la nuova serie su Ed Gein, ho sentito il bisogno di riprendere in mano quel manoscritto e completarlo.
Rileggendolo, ho ritrovato l’emozione e il disagio di allora, ma anche la consapevolezza che dietro la follia di Gein c’era un contesto umano, familiare, religioso e culturale che meritava di essere compreso, non solo giudicato.
Il Culto della Madre – Ed Gein e l’orrore nella mente umana è il risultato di quel percorso.
Un lavoro che unisce ricerca, introspezione e analisi psicologica, per capire come un uomo comune possa trasformarsi nell’archetipo stesso del male.
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