La Londra sotterranea: tra fognature, cripte e culti perduti

Dall’Archivio Blackwood – Documenti riservati

C’è una Londra che non figura sulle mappe. Una città parallela, oscura e umida, nascosta sotto i passi ignari dei suoi abitanti. Un intrico di corridoi, cripte dimenticate, passaggi murati e pozzi di silenzio: la Londra sotterranea.

Negli anni di servizio dell’ispettore Edgar Blackwood, numerose indagini lo hanno condotto sotto la città, in luoghi che non avrebbero dovuto esistere. Luoghi dove l’aria si fa spessa e il tempo sembra essersi fermato.

Fognature vittoriane: il ventre della città

Costruite in seguito alla grande epidemia di colera, le fognature di Londra sono un capolavoro d’ingegneria e orrore. Per molti, sono solo canali per il deflusso delle acque nere. Per Blackwood, sono state spesso teatri di fughe, inseguimenti… e rituali oscuri. I cultisti li chiamano “i canali del risveglio”. Alcuni tunnel presentano incisioni mai documentate nei registri civili. Altri conducono a stanze murate dove il puzzo di zolfo è più forte del tanfo del fango.

Cripte sotto le chiese, cimiteri sprofondati

Le cripte di Whitechapel, St. Giles e St. Dunstan sono i luoghi in cui Blackwood ha trovato alcuni dei manoscritti dell’Ordine delle Radici d’Ombra. Altri accessi conducono a ex-cimiteri profanati, sommersi da nuove costruzioni. In uno di questi, l’Ispettore rinvenne ossa umane disposte a spirale, intorno a una pietra recante iscrizioni non latine.

Passaggi segreti e luoghi che “non esistono”

Secondo il fascicolo 92A dell’Archivio, almeno dodici strutture pubbliche della Londra di fine Ottocento contenevano accessi segreti al sottosuolo: tra questi, un vecchio magazzino a Limehouse, una biblioteca dismessa a Kensington, e una stazione postale vicino a Fleet Street. Nessuno di questi accessi compare nei registri municipali. Blackwood li ha segnati, a mano, su una mappa clandestina: è quella che oggi campeggia nel suo archivio, accanto a un taccuino insanguinato e al simbolo inciso del Viaggiatore.

Là sotto non vale la logica. Là sotto, qualcosa aspetta da secoli.”
— Appunto anonimo ritrovato sul retro di un biglietto ferroviario datato 1887

Le ombre si nascondono dove la luce non osa scendere. E a Londra, nel 1888, la luce era merce rara.

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Approfondimenti:

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Sito ufficiale: http://www.claudiobertolotti83.net

Instagram: @autoreclaudiobertolotti – @archivio_blackwood


I libri proibiti dell’Archivio Blackwood

Tra grimori maledetti e vangeli dimenticati

Cosa accadrebbe se mettessimo insieme Il Necronomicon, il Codex Gigas e il Manoscritto Voynich in una sola stanza buia, silenziosa, protetta solo da candele tremolanti e un crocifisso capovolto? Accadrebbe l’Archivio Blackwood.

Nel cuore della saga firmata da Claudio Bertolotti, l’Archivio è molto più di un semplice magazzino di prove e documenti: è una biblioteca dell’occulto, un reliquiario del Male, un luogo che respira nel buio e attende lettori abbastanza folli da sfogliarne le pagine.

Ecco alcuni dei libri proibiti che custodisce:

Il Vangelo delle Ombre

Un manoscritto leggendario, redatto da una mano sconosciuta, contenente rituali che sfidano la morte e rivelano il volto dell’Inferno. Chi lo legge, non sarà mai più lo stesso.
Leggilo ora in ebook

De Profundis

Testo rinascimentale bandito dalla Chiesa. Scritto da un monaco morto in odore di eresia, insegna come evocare “colui che cammina tra le ombre”. Si dice che Blackwood lo abbia consultato una sola volta… e poi chiuso per sempre in una teca di vetro sigillato.

Le Confessioni di Whitmore

Il diario maledetto del reverendo Aldous Whitmore. Un susseguirsi di appunti deliranti, preghiere rovesciate e visioni infernali. Conservato nella sezione “oggetti contaminati”.

Il Testamento del Sangue

Manoscritto gotico appartenuto al Conte di Wallachia. Alcuni studiosi sospettano si tratti della prima opera scritta da Dracula. Pagine rosse come l’inchiostro versato.

E molti altri:

Compendium Daemoniaca

Litanie dell’Antico Dio

Il Libro di Ceneri

Annuario delle Sette Inglesi, 1666

Dottrina Nera del Padre del Dolore

Nota dell’autore

Questi titoli sono frutto di finzione, ma la paura che ispirano è reale. Perché ogni leggenda, in fondo, nasce da un’ombra vera.

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Le Ombre di Whitechapel – Seconda Edizione Ora Disponibile

La nebbia di Whitechapel si addensa di nuovo.
È ufficiale: la seconda edizione del romanzo Le Ombre di Whitechapel – Il Segreto del Sangue Immortale è finalmente online, disponibile sia in formato ebook che cartaceo brossura in bianco e nero.

Questa nuova edizione è stata interamente rivista e ampliata:

Nuova introduzione inedita.

Nuove appendici narrative.

Alcune immagini finali esclusive.

Impaginazione e grafica completamente ottimizzate.

Tutto questo senza tradire l’anima gotica e oscura che ha fatto conoscere la prima edizione.
Una versione definitiva, pensata per offrire ai lettori l’esperienza più completa e immersiva possibile.

Dove acquistare

Ebook Amazon: https://amzn.eu/d/2LfEgE0

Cartaceo Amazon (brossura BN):

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Hai già letto la prima versione? Questa nuova edizione svelerà dettagli, simboli e riflessioni inedite.
Non è solo una ristampa: è un ritorno alle origini, con occhi nuovi e più profondi.

Prossimamente, nuove rivelazioni in arrivo anche su Il Vangelo delle Ombre e Il Carnefice del Silenzio.

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Gotico vittoriano 2.0: come rinnovare l’incubo senza tradirlo

“Non occorre mostrare il mostro. Basta far sentire il suo respiro nella stanza accanto.”
— C. Bertolotti

Nel cuore delle tenebre vittoriane si nasconde una sfida creativa sempre attuale: come raccontare l’orrore gotico senza ripetere l’antico? Come evocare brividi senza cedere agli stereotipi? La saga de L’Archivio Blackwood affronta questa sfida con una soluzione tanto ambiziosa quanto riuscita: un gotico rinnovato, ma fedele alle sue radici.

Il gotico tradizionale: ombre, rovine e segreti

Il gotico classico si fonda su ambientazioni decadenti, segreti sepolti, personaggi tormentati. Dai castelli di Radcliffe alle lande di Poe, fino alla Londra di Stoker e Stevenson, il lettore cammina tra muri che trasudano passato, e anime spezzate dalla colpa o dal desiderio.

Ma nel tempo, questi ingredienti si sono logorati: troppi cliché, troppi “mostri” già visti. Il rischio oggi è scivolare nella caricatura.

L’Archivio Blackwood: tradizione e innovazione

Come posso evitare questo rischio? Con tre scelte stilistiche chiave:

1. Ambientazioni storiche accurate ma dense di simbolismo
La Londra di Blackwood non è solo un palcoscenico: è un organismo vivente. I quartieri respirano, i manicomi parlano, i sotterranei stringono.

2. Orrore psicologico più che visivo
I mostri ci sono, sì. Ma spesso sono interiori, o spirituali
. Il vero orrore nasce dal dubbio, dalla memoria, dal passato che ritorna. Così il lettore teme ciò che non può vedere, ma che sente muoversi nell’ombra.

3. Personaggi che portano le cicatrici dell’epoca
Edgar Blackwood è il prototipo del detective gotico moderno: logico, ma aperto all’inspiegabile. Portatore di trauma, ma non vittima. Ogni suo alleato — da Declan a Monroe, da padre Quinn a Pritchard — è una frammentazione del Male e del Bene, mai del tutto risolta.

Un gotico per tempi incerti

Il gotico funziona, oggi come ieri, perché non offre risposte. E in tempi come i nostri — dominati da crisi, paure invisibili, identità in frantumi — il lettore trova nel buio del passato uno specchio per il presente.

Il Vangelo delle Ombre e Le Ombre di Whitechapel non sono solo omaggi al gotico classico. Sono tentativi riusciti di riaccendere la fiamma di un genere antico, adattandolo al battito incerto del nostro tempo.

Scopri i romanzi

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Newsletter – I Dossier di Blackwood:

La mappa perduta del Viaggiatore: misteri irrisolti nel Vangelo delle Ombre

Ogni storia gotica ha i suoi non detti. Il Vangelo delle Ombre non fa eccezione.

Tra simboli che ritornano, preti che non sono ciò che sembrano, si estende una mappa invisibile tracciata non su carta, ma nelle crepe della psiche e negli spazi vuoti tra le scene. Non parlo di mappe geografiche, ma di percorsi oscuri che Blackwood attraversa senza rendersene conto fino all’ultimo capitolo. Percorsi che, una volta riletti, lasciano presagire che nulla era casuale.

Ecco alcune coordinate simboliche che, se connesse tra loro, disegnano il possibile disegno del Viaggiatore.

1. Kensington: la falsa quiete

Il cuore dell’alta borghesia vittoriana, la facciata perfetta che nasconde l’Innominabile. Qui, le prime crepe nella realtà. La casa dei Fairweather è più di una semplice dimora: è un varco. Chi varca quella soglia entra in contatto con una realtà già contaminata.

2. St. Bartholomew: sangue e candele

La chiesa che avrebbe dovuto proteggere è diventata testimone di un rituale abortito. Il sangue sacro versato non è stato un errore. Era necessario. Forse la liturgia incompiuta attende ancora un completamento.

3. La Canonica e il Diario

Le riflessioni di Padre Quinn (conservate in appendice al Diario di Blackwood) fanno luce su connessioni mai del tutto chiarite. La fede, la colpa e il dubbio si intrecciano come sentieri su una mappa tracciata con lacrime e cenere.

4. Il simbolo del Viaggiatore

Quante volte compare, in forme diverse? Sulle pareti, negli occhi dei posseduti, persino nei sogni. Un cartiglio inciso nel subconscio del lettore stesso. È davvero solo un simbolo?

Una mappa fatta d’ombre

Questa mappa non ha nord, né bussola. È un sistema circolare. Chi la segue non arriva mai a destinazione, ma si perde in se stesso. E forse è questo che voleva il Viaggiatore: farci dubitare della realtà, del tempo lineare, della coerenza degli eventi.

Nel Vangelo delle Ombre, non tutto si chiude. Ma ogni vuoto ha una voce, e ogni ombra proietta un disegno.

Forse non abbiamo ancora visto tutto. Forse certi segreti attendono solo di essere osservati da un angolo diverso, da una luce più tremolante. O forse, come ogni vera mappa occulta, anche questa brucia se la si guarda troppo a lungo.

Una lanterna appesa illumina debolmente una mappa logora su un tavolo in pietra, all'interno di una cripta gotica; l’atmosfera è oscura e misteriosa, con ombre che si allungano tra pareti di pietra scolpite da simboli antichi.

Come scrivo un capitolo dell’Archivio Blackwood

Un viaggio tra scalette, nebbia e presenze invisibili

Spesso mi viene chiesto:
Come nasce un capitolo dell’Archivio?”
La risposta più sincera è: inizia con un’immagine.
Ma prima dell’immagine, c’è un vuoto.
E il vuoto è ciò che deve essere colmato con tensione, dettagli e silenzi.

Scrivere un capitolo della saga di Blackwood non è solo raccontare una scena: è evocare una presenza.
Ecco quindi, passo per passo, come nasce (e prende forma) ogni frammento dell’Archivio.

1. La struttura invisibile: la scaletta ragionata

Ogni capitolo nasce dentro una mappa narrativa precisa.
So cosa deve accadere, cosa deve evolversi nei personaggi, quali elementi devono insinuarsi.
Ma lascio spazio all’imprevisto: spesso, un oggetto non previsto o un odore descritto per caso cambia l’equilibrio dell’intero episodio.

2. L’atmosfera prima della trama

Prima ancora della scena, immagino l’aria.
È umida?
Sa di muffa? Di cera consumata? Di legno antico?
L’atmosfera viene prima dell’azione, perché nei miei romanzi l’ambiente è vivo, e può opporsi alla volontà dei personaggi.

3. L’oggetto centrale della scena

In quasi ogni capitolo c’è un oggetto chiave:
una lettera, un simbolo, una finestra, una bottiglia, un crocifisso spezzato.
Quel singolo elemento guida l’intera narrazione.
Lo osservo attraverso gli occhi di Blackwood, ne scruto la posizione, l’impatto emotivo, l’effetto che genera.

4. La voce di Blackwood

Blackwood non parla molto, ma pensa molto.
Quando scrivo i suoi pensieri, scelgo frasi secche, precise, a volte taglienti.
Non è un eroe. È un uomo ferito che analizza il male per tenerlo a distanza.
Scrivere dal suo punto di vista significa filtrare ogni dettaglio con dubbio e memoria.

5. Il “non detto” come tecnica narrativa

Nel gotico, ciò che non viene detto conta più di ciò che viene mostrato.
In ogni capitolo, lascio qualcosa sospeso:
un rumore mai spiegato, un oggetto fuori posto, una frase interrotta.
Questo lascia al lettore una sensazione di incompletezza inquieta, e alimenta la tensione.

6. Il finale del capitolo: mai una chiusura vera

I capitoli raramente si chiudono in modo netto.
Preferisco terminare con una domanda, un dubbio, una scoperta parziale.
Il lettore deve sentire che qualcosa è stato toccato… ma non ancora compreso.
L’Archivio, dopotutto, non consegna verità.
Consegna frammenti.

Scrivere Archivio Blackwood è come camminare al buio con una candela tremolante.
Non sai mai se quello che hai visto era reale…
…ma sai che è stato sufficiente per non dormire quella notte.

Il diario liturgico maledetto

Frasi che non sono state scritte per essere lette

Tra i documenti più disturbanti mai raccolti nell’Archivio Blackwood, ve n’è uno che non compare in nessun registro ufficiale.
È noto solo come “il diario liturgico maledetto”, un testo frammentario, corroso, ritrovato nel fondo di una cappella sconsacrata nei pressi di Clerkenwell.
Non reca autore, data, né titolo. Solo pagine sparse, molte delle quali scritte a mano, a volte da mani diverse.
Alcune righe sembrano preghiere, altre ordini, altre ancora deliri.

Ma tutte hanno una cosa in comune:
non sono fatte per essere lette.
Chi ha provato a trascriverle, racconta sogni spezzati, perdita di memoria, o improvvisi attacchi di panico.
Eppure, una selezione è stata decifrata. Ecco alcuni frammenti.


Frammento I – Folio XVII

Non omnia verba sunt nata.
Quaedam descendunt.”
(Non tutte le parole nascono. Alcune… discendono.)

Nota d’archivio:
Questa frase compare anche incisa su una parete nel monastero abbandonato di St. Wulfstan.
Il concetto di “eco sacra” ricorre nei rituali di inversione. Non si prega per fede, ma per evocare memoria liturgica.


Frammento III – Folio XXXVIII

Non omnis silentium est absentia.
Sunt scripta quae non scribuntur,
et verba quae nascuntur in ossibus, non in voce.”
(Non ogni silenzio è assenza.
Ci sono scritti che non vengono scritti,
e parole che nascono nelle ossa, non nella voce.)

Nota d’archivio:
Considerato uno dei passaggi più inquietanti. Rilevato anche da Padre Quinn, che rifiutò di continuare la lettura.
Il testo suggerisce l’idea che esistano messaggi biologici, trasmessi attraverso il corpo, non la lingua.


Frammento IV – Folio XLII (parzialmente bruciato)

…e quando si aprirà la terza bocca,
non udrai parole.
Ma ti mancherà il fiato.”

Nota d’archivio:
Rituale legato alla liturgia del “terzo sigillo”? L’espressione “terza bocca” potrebbe riferirsi a un’entità evocata o a un passaggio interiore.
Alcuni leggono il verso come una metafora del trauma.


Frammento V – Non classificato (scritto in rosso)

Quello che chiami ‘perdono’
è solo una forma del silenzio rituale.”

Nota d’archivio:
Ultima frase presente nel diario. Scritta con inchiostro rosso molto denso, forse sangue.
Il concetto di “perdono deformato” ricorre in Il Vangelo delle Ombre e anticipa i rituali corrotti descritti nei documenti esorcistici di padre Marcus Quinn.

Il diario liturgico maledetto non è mai stato tradotto per intero.
Alcune pagine sono considerate pericolose. Altre… non leggibili. Non perché mancanti, ma perché resistono alla lettura.
Ogni parola è un invito.
O un avvertimento.

Chi lo legge, sa che non può più tornare indietro.

Le lettere mai spedite dell’Archivio Blackwood

Voci dall’ombra, frammenti di verità mai consegnati

Nelle indagini più cupe dell’Archivio Blackwood, non tutto viene verbalizzato.
Ci sono verità che non finiscono nei fascicoli ufficiali.
Ci sono emozioni che non trovano posto nei rapporti.
Ci sono lettere che non vengono mai spedite.

Oggi riportiamo tre frammenti di corrispondenza rimasti sepolti tra le pagine dei taccuini di Edgar Blackwood. Non sappiamo se siano stati scritti per davvero, o se siano solo pensieri annotati nel silenzio. Ma ciascuna di queste lettere racconta una crepa nell’anima di chi lotta contro l’oscurità.

1. Lettera di Edgar Blackwood (mai spedita) a Declan O’Connor


Londra, notte fonda

“Avrei voluto scriverti prima. Avrei voluto dirtelo a voce.

Non ti ho seguito solo perché eri un bravo poliziotto.
Ti ho seguito perché avevi fede anche quando io non ne avevo più.

Il giorno in cui sei entrato in quella cripta, sapevi che non ne saresti uscito.
E io, che non credo nei santi, quella sera ho pregato per te.

Spero che le ombre ti abbiano restituito qualcosa che a me è stato tolto.”

– Edgar

2. Appunto manoscritto di Elias Monroe (non consegnato)

Sir,

Se non tornerete prima dell’alba, lo farò io.

Non perché sia pronto. Ma perché non posso più fingere che questo male ci stia solo osservando.
È già tra noi. Ha voce, ha nomi, ha luoghi. E ci ha scelti.

Con rispetto e terrore,
– Monroe

3. Frammento dal diario di padre Quinn (bruciato in parte)

[…] eppure anche tra le mura della chiesa ho sentito freddo.
Non un freddo fisico, ma una voce che diceva: “Sei stato via troppo tempo.”

[…] loro non cercano preghiere. Cercano testimoni.

E io, sebbene debole, sarò presente alla fine.

La voce di chi resta in silenzio

Queste lettere non compaiono nei romanzi ufficiali.
Non servono all’indagine.
Ma servono a ricordare che dietro ogni ombra, c’è un uomo che cerca ancora di restare umano.

Nei prossimi articoli, continueremo a esplorare l’Archivio Blackwood da prospettive nascoste: appunti, mappe, oggetti e memorie che raccontano ciò che i verbali non possono scrivere.

I nemici invisibili: il potere del non detto nella narrativa gotica

Da Dracula al Carnefice del Silenzio

Il vero orrore, nella letteratura gotica, non è quello che vediamo.
È quello che intuiamo.
È ciò che aleggia tra le righe, si nasconde nei silenzi, si insinua nei gesti spezzati.
Il male più potente non entra dalla porta principale.
Si insinua nella mente. E lì resta.

Il non detto: architettura dell’angoscia

Nella narrativa gotica, l’elemento invisibile è spesso più disturbante di un mostro descritto con dovizia di particolari.
Perché lascia spazio all’immaginazione.
E l’immaginazione è il luogo più pericoloso in cui l’orrore può agire.

Non sapere cosa stia accadendo, ma sentire che qualcosa non va, è la chiave del terrore gotico.
Il corridoio vuoto. Il rumore che non si ripete. Il sussurro che non ha bocca.
Il lettore riempie quel vuoto con le proprie paure.

Dracula: l’invisibile che seduce

Nel romanzo di Bram Stoker, Dracula agisce per buona parte della storia senza essere visto.
Non è l’immagine del vampiro a inquietare. È la sua assenza.
La porta lasciata socchiusa. La luce che si spegne da sola.
La trasformazione silenziosa di Lucy.
Il vero terrore non nasce dalla creatura, ma dalla sua influenza invisibile.

Il Vangelo delle Ombre: la setta silenziosa

Nel secondo volume dell’Archivio Blackwood, Il Vangelo delle Ombre, il male assume la forma di un culto.
Ma il culto non urla. Non marcia.
Preghiere sussurrate. Simboli nascosti nei libri. Sguardi che non si incrociano mai.
La minaccia è in ciò che non viene detto, ma che ogni personaggio intuisce.
Il lettore sa che qualcosa sta per accadere… ma non sa cosa, né quando.

Il Carnefice del Silenzio:

Nel terzo volume, senza spoilerare, Il Carnefice del Silenzio, la minaccia si fa ancora più astratta.
Non c’è una creatura. C’è un’assenza.
Il male qui non uccide gridando.

Perché funziona?

Perché il lettore gotico non vuole risposte subito.
Vuole il dubbio.
Vuole sapere che potrebbe esserci qualcosa oltre la parete.
Che potrebbe esserci un altro piano di realtà.
O che il vero mostro è già seduto accanto a lui.

Conclusione

Dalla Transilvania ai sotterranei londinesi, dal conte Dracula al Carnefice del Silenzio, il vero nemico è invisibile.
Eppure, è ovunque.
Non si mostra. Ma si fa sentire.

E noi, come Blackwood, non possiamo fare altro che ascoltare.
In silenzio.

L’evoluzione del male: da Le Ombre di Whitechapel a Il Vangelo delle Ombre

Cos’è il male?
Un volto nell’ombra? Una mano armata?
O forse qualcosa di molto più sottile: un’idea, un culto, un desiderio che corrompe lentamente?
Nell’universo narrativo dell’Archivio Blackwood, il male non è mai lo stesso. E ciò che cambia, da un libro all’altro, non è solo la minaccia… ma anche lo sguardo di chi la affronta.

Le Ombre di Whitechapel – Il male come enigma

Nel primo volume, Le Ombre di Whitechapel, il male è ancora oscuro, sfuggente, quasi leggendario.
Blackwood si muove in una Londra livida, tra cadaveri e superstizioni, cercando di distinguere la verità dai sussurri. L’orrore è fisico, tangibile, ma carico di simbolismo: un nemico che uccide nell’ombra, che lascia indizi nei rituali, che si confonde con il sangue e la nebbia.

Il protagonista è un uomo razionale che si ritrova a combattere qualcosa che sfugge alla logica.
Il male, qui, è una domanda senza risposta.

Il Vangelo delle Ombre – Il male come sistema

Nel secondo volume, Il Vangelo delle Ombre, tutto cambia.
Il male non è più un assassino. È una struttura.
Un’ideologia antica. Un culto organizzato. Un disegno che va oltre la semplice vendetta o follia.

Il linguaggio si fa più teologico, più rituale, più intimo.
L’orrore non si limita a colpire. Seduce. Chiama. Promette immortalità, senso, redenzione attraverso il sangue.
E Blackwood?
Lui cambia. Non si limita più a inseguire. Inizia a comprendere. A temere ciò che comprende.
Il male ora è una verità scomoda che affonda le radici nel cuore dell’uomo.

Un percorso oscuro, ma necessario

In entrambi i romanzi, il male non è mai gratuito.
Ha una struttura. Ha un simbolo. Ha una voce.

Ma è solo nel confronto tra i due volumi che emerge la vera trasformazione:
Non solo dei nemici. Ma di Edgar Blackwood.
Da investigatore razionale a custode di verità che nessuno vuole ascoltare.

E se il primo libro chiedeva: chi è l’assassino?
Il secondo sembra chiedere: e se l’assassino fosse parte di un disegno molto più grande di noi?

Verso il silenzio

Il terzo volume, Il Carnefice del Silenzio, approfondirà questa evoluzione.
Perché il male, quando non riesce più a convincere, inizia a farsi silenzioso.
E chi sa ascoltare… rischia di non tornare indietro.