Estratto esclusivo non incluso nel manoscritto finale de Il Vangelo delle Ombre
Londra, 3 dicembre 1888 – Clinica Bethlem
Il corridoio sembrava un alveare spento. Le porte, tutte identiche, custodivano più voci che persone.
L’aria era satura di ammoniaca, cera e silenzi.Blackwood si fermò davanti alla cella 17, le mani intrecciate dietro la schiena. Dall’interno non proveniva alcun rumore. Ma lui lo sapeva: il silenzio era solo un’altra forma di grido.
Alle sue spalle, i passi familiari del dottor John Watson ruppero la quiete. Portava con sé il taccuino logoro che usava solo per i casi “non convenzionali”.
— Ha parlato? — chiese Watson, abbassando la voce.
Blackwood scosse il capo. — No. Ma ha disegnato. Sulle pareti. Con il sangue.
Watson inspirò lentamente, poi posò una mano sulla maniglia. — Posso entrare da solo?
— Non stavolta — replicò l’ispettore. — Ha sussurrato un nome mentre dormiva. Il tuo. Ma non il tuo nome…
— Cosa, allora?Blackwood lo guardò. — “Il medico del vuoto”. Lo ha ripetuto tre volte, guardando nel nulla.
Per un istante, Watson non rispose. Poi aprì il taccuino e lo sfogliò fino a una pagina già scritta.
— Sai, Edgar… non mi piace quando le pazienti mi conoscono prima ancora che io le visiti.La porta si aprì. Il buio all’interno sembrava più fitto della stanza stessa.
Blackwood fece un cenno. — Allora vediamo se il vuoto ha bisogno di un medico… o di un esorcista.E sparirono insieme nella cella, lasciandosi dietro solo il rumore dei chiavistelli che tornavano a chiudersi da soli.
Curiosità: questa scena fu scritta per un primo inserimento nel manoscritto, ma venne tagliata per ragioni di ritmo narrativo. Resta però uno dei momenti più intensi tra Blackwood e Watson nel periodo iniziale delle indagini.







