LE MADRI DEL MALE


Augusta Gein, Catherine Knight e il volto oscuro della maternità

Ci sono madri che generano la vita.
E ci sono madri che, nel nome dell’amore, la soffocano.

Nel nostro immaginario, la figura materna è sacra: fonte di accudimento, protezione, origine e cura. Ma quando il legame si spezza e si trasforma in possesso, controllo, o puro fanatismo, allora la madre può diventare la prima cella di una prigione invisibile.

In questo articolo esploro tre casi diversi — due reali, uno simbolico — in cui la maternità diventa incubatrice del Male. Madri che non solo hanno fallito nel proteggere… ma hanno dato origine all’orrore stesso.


Augusta Gein – La madre che generò un mostro

Augusta Gein non ha mai ucciso nessuno.
Eppure, è considerata la radice psicologica dell’orrore generato da suo figlio: Ed Gein, il “macellaio di Plainfield”, colui che avrebbe ispirato personaggi come Psycho, Leatherface e Buffalo Bill.

Fanatica religiosa, misantropa e misogina, Augusta allevò Ed in un clima di terrore spirituale e colpa sessuale. Gli insegnava che le donne erano creature impure, che il corpo era peccato, che il mondo era corrotto. Quando morì, Ed crollò. E tentò — in tutti i modi — di riportarla in vita.

Ogni oggetto ricavato dai cadaveri, ogni gesto di “taxidermia umana”, ogni vestito fatto di pelle… era parte di un rituale disperato. Un culto privato, con una sola divinità: la Madre.


Catherine Knight – La madre che uccise, cucinò e servì

Catherine Knight è il volto più feroce della maternità distorta.
Australiana, madre di quattro figli, protagonista di una delle pagine più oscure della cronaca criminale mondiale.

Nel 2000 uccise il compagno, John Price, lo scorticò completamente, cucinò alcune parti del suo corpo e apparecchiò la tavola per i suoi figli… con cartellini coi loro nomi davanti ai piatti. L’intenzione era chiara. Un pasto simbolico. Una “offerta” familiare.

Diagnosticata con disturbo borderline e psicopatia, Catherine aveva un passato di violenza, ossessioni e manipolazioni. Ma ciò che colpì fu proprio la sua maschera materna, alternata a furia cieca e crudeltà rituale.


La Madre come simbolo disturbante

Non sempre il Male ha la forma del coltello.
A volte è uno sguardo. Una preghiera imposta. Un abbraccio che toglie l’aria.

Molti culti e racconti gotici — inclusi alcuni presenti nella mia saga Archivio Blackwood — pongono la madre come figura ambivalente: salvifica e demoniaca, fertile e cannibale, luce e tenebra. Un’icona potente, antica, capace di nutrire… o divorare.

Nel saggio-narrativo Il Culto della Madre ho voluto esplorare questo nodo oscuro: non solo la biografia di Ed Gein, ma il suo culto interiore. Quella devozione cieca e malata per una madre assente, che continua a parlare anche da morta.


In conclusione

Le madri del Male non sono solo donne crudeli.
Sono figure simboliche che mettono in crisi le nostre certezze. Ci obbligano a chiederci: fino a che punto l’amore può diventare una gabbia? E cosa resta, di un figlio, quando la voce della madre è l’unica che ha mai ascoltato?


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Quando l’amore diventa ossessione


Madri, figli e controllo nella mente criminale

C’è un confine sottile, fragile come un filo di seta, tra amore e dominio. Lo si attraversa senza accorgersene, spesso con le migliori intenzioni. È un confine che ho imparato a conoscere studiando la storia di Ed Gein, e che continuo a esplorare nei miei romanzi gotici, dove la devozione si trasforma in prigione e la fede si piega all’ossessione.

Nel caso di Gein, tutto nasce in una casa isolata nel Wisconsin, dove una madre impone al figlio una religione privata, fatta di colpa e castigo. Gli insegna a temere il mondo, a diffidare delle donne, a rifugiarsi solo in lei. Quando quella figura muore, Ed resta solo con i suoi fantasmi… e con l’impossibilità di lasciarla andare.
La madre diventa la sua voce interiore, il suo idolo e la sua condanna.
L’amore si trasforma in idolatria necrotica.

Non è solo follia, è un meccanismo umano e universale: la paura di perdere il controllo sull’unica cosa che ci fa sentire vivi.
Ecco perché storie come questa ci attraggono tanto: perché parlano, in fondo, della nostra fragilità più antica.
Il bisogno di essere amati.

Nei miei romanzi, da Le Ombre di Whitechapel a Il Vangelo delle Ombre, la maternità, la fede e la protezione assumono spesso forme oscure.
Dietro la luce dell’amore si nasconde sempre un’ombra che pretende obbedienza.
E a volte, per liberarsi da essa, serve un atto di distruzione.
È la stessa dinamica che muove Gein, ma anche molti dei miei personaggi: uomini e donne prigionieri di una voce che li chiama “figlio mio”, e che non permette loro di esistere da soli.

Perché l’amore, quando diventa possesso, non salva più. Divora.


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Il suono dell’orrore


Playlist gotica per scrittori (e lettori) dell’Archivio Blackwood

Certe storie hanno bisogno del silenzio.
Altre, invece, chiedono un sottofondo.

Quando scrivo, non cerco solo la parola giusta: cerco la vibrazione giusta.
Una nota, un riverbero, un battito sommesso come un cuore nascosto sotto il pavimento (grazie Poe).
E così, negli anni, ho costruito una playlist gotica personale, fatta di brani che si adattano alle atmosfere cupe e vittoriane dell’Archivio Blackwood.

Ecco alcune delle tracce che ascolto davvero, mentre scrivo o rileggo. Provale anche tu mentre leggi Il Vangelo delle Ombre o Il Carnefice del Silenzio.


1. “Dies Irae” – Mozart / Verdi / Gothic versions

L’ira divina ha sempre un posto d’onore in ogni possessione.
Perfetto per le scene rituali o per quando la luce tremola e i simboli si risvegliano.


2. “Foggy Streets of London” – Gothic instrumental

Brani ambient ispirati alla nebbia e ai vicoli. Cercali con queste parole chiave su YouTube o Spotify:
“Dark Victorian London ambient” / “Gaslight music”
Ideale per i momenti in cui Blackwood cammina da solo, sigaro in bocca e ombre alle spalle.


3. “Omen” – The Omen Soundtrack / Jerry Goldsmith

Un classico che mette i brividi già dalle prime note.
Sconsigliato a cuori deboli. Ottimo per le rivelazioni finali o le apparizioni.


4. “Ritual” – Wardruna / Dead Can Dance / Nox Arcana

Musica etnica o liturgica reinterpretata in chiave oscura.
Ti farà pensare a candele accese, simboli tracciati col sangue, e libri che non dovrebbero essere letti.


5. “Mors Vincit Omnia” – Dark academic piano playlist

Una selezione di brani pianistici cupi ma malinconici.
Perfetta per scrivere o leggere quei passaggi in cui la morte non fa paura, ma sembra quasi un sollievo.


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Apri Il Vangelo delle Ombre, metti le cuffie, e prova a leggere a lume di candela.

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Le donne dell’Archivio Blackwood

Sante, vittime o streghe? Il ruolo delle donne nell’orrore gotico

Nel mondo dell’Archivio Blackwood, le donne non sono mai semplici comparse.
Sono anime spezzate, corpi in preghiera, volti scolpiti dal dolore.
Sono le prime a percepire l’ombra.
E spesso, sono le prime a cadere.

Ma non sono deboli.
Sono il confine sottile tra il sacro e il profanato.

La voce spezzata di Fairweather

Fairweather non è solo un personaggio secondario. È uno specchio.
Riflette il trauma di chi osserva il Male e sopravvive.
Nel secondo volume, Il Vangelo delle Ombre, la vediamo oscillare tra la fede e il dubbio, tra la razionalità e il terrore.
Ma ciò che la rende memorabile non è ciò che dice.
È ciò che non osa più dire.

La sua voce, come molte donne nell’universo di Blackwood, è interrotta. Ma è lì che vive la forza: in ciò che resiste, anche nel silenzio.

Possedute. Ma da chi?

Le donne possedute sono una costante.
Non solo nel romanzo, ma nella tradizione letteraria gotica.

Ma cosa possiede davvero queste figure? Un’entità oscura? Il peccato? Il giudizio?
O forse è solo la disperazione mai ascoltata?
L’Archivio Blackwood, senza predicare, lo suggerisce:
A volte il Male entra da porte che la società stessa ha lasciato aperte.

La strega e la martire

Tra le pagine dell’Archivio emergono anche figure quasi mitologiche:

donne rinchiuse perché “visionarie”

suore che custodiscono segreti

madri che compiono sacrifici impensabili

bambine che parlano lingue antiche nel sonno

Tutte, in fondo, incarnano una verità ancestrale:
la donna è sempre sospesa tra venerazione e condanna.

E in questo equilibrio spettrale, si annida il cuore dell’orrore.

Il corpo femminile come luogo sacro e profanato

In Il Vangelo delle Ombre, il corpo della donna diventa territorio rituale.
Strumento e simbolo.
Reliquia e minaccia.

Ma è anche, nella sua sofferenza, l’unico baluardo contro l’annientamento.

Chi ha letto con attenzione sa che spesso, mentre gli uomini indagano, le donne ricordano.
Mentre i sacerdoti parlano, le madri tacciono.
Ma nel silenzio, scrivono la storia vera.

Conclusione

Nell’Archivio Blackwood, le donne sono vittime, sì.
Ma sono anche vessilli, portali, ferite aperte che rivelano verità dimenticate.
Sono quelle che vegliano sul Male… anche quando nessuno ha il coraggio di guardare.

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