Dalla mente alla carta: come nasce un racconto breve gotico

Scrivere un racconto gotico non è solo una questione di trama. È evocare atmosfere, dare corpo alle paure e voce ai silenzi. Quando inizio un nuovo racconto, come Il Sussurro del Pozzo, non parto da una struttura definita, ma da un’immagine che mi perseguita. In questo caso: un pozzo nel buio, e occhi che osservano dal fondo.

Tutto comincia lì. Poi prendo appunti, disegno mappe mentali, annoto frasi che sento sussurrare nella mente mentre cammino per la città o durante la notte. Alcune frasi nascono già con il peso giusto per diventare l’incipit, altre sono dettagli che rimangono in attesa di trovare il loro posto.

La costruzione del racconto segue una logica emozionale. Non mi interessa spiegare tutto. Voglio che il lettore percepisca l’inquietudine prima ancora di comprenderla. Ogni oggetto ha una storia: un rosario bruciato, una bambola di porcellana, una stanza murata. Ogni personaggio porta una crepa nell’anima.

Il gotico vive di ciò che non si dice, di ciò che si lascia in ombra. La mia scrittura cerca di rievocare quella nebbia che avvolge la Londra dell’Archivio Blackwood, dove il reale e l’irreale si sfiorano senza mai spiegarsi del tutto.

Un racconto breve non è un frammento: è un sussurro completo, un richiamo dal fondo di qualcosa che non vuole essere disturbato. Ma che, se ascoltato, non si dimentica più.

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