Glossario proibito dell’Archivio

Parole che non andrebbero pronunciate

Vi sono sillabe che non appartengono a nessuna lingua, eppure da secoli vengono sussurrate tra le crepe della storia. Non parole. Fratture.”
— Dal taccuino di Edgar Blackwood, dicembre 1888

Ci sono parole che nessun rituale dovrebbe contenere. Frasi sussurrate in lingue morte, nomi che non esistono nei registri della Chiesa né nei codici degli antichi. Nell’Archivio Blackwood, certi termini non sono solo suggestioni gotiche: sono chiavi. E, come tutte le chiavi, aprono. O richiudono troppo tardi.

Questo è un glossario incompleto — volutamente. Alcuni nomi sono stati cancellati. Altri sono leggibili solo a lume di candela. Non è una lista di definizioni: è un avvertimento.

1. Ad umbra

Comparsa per la prima volta nel Vangelo delle Ombre, questa parola è apparsa incisa su una lapide spezzata nel cimitero di St. Jude. In latino corrotto, potrebbe significare “coprire d’ombra” o “essere annullati dalla tenebra”. Quando viene pronunciata in certi contesti rituali, il silenzio nella stanza si fa totale. Persino i topi sembrano fermarsi.

2. Lux in Cruore

Luce nel sangue” — incisa su un breviario ritrovato nella canonica di Whitmore. Apparentemente innocua, questa frase è stata letta da un ragazzo posseduto durante il caso Fairweather. Dopo averla pronunciata, perse la vista per 48 ore. Quando la recuperò, parlava in una lingua sconosciuta anche a padre Quinn.

3. Tertium Vocat

Tradotta come “Il Terzo chiama”, è apparsa nel diario liturgico maledetto (intermezzo del secondo romanzo). Si ipotizza che si riferisca a un’entità senza nome, invocata nei rituali interrotti. Nessun sacerdote ha mai trovato un riferimento canonico a questa formula.

4. Requiem Somnium

Tradotta arbitrariamente come “il sogno che uccide”. Frase riportata in uno dei manoscritti rituali bruciati da padre Quinn. Si ipotizza che possa essere una “parola-chiave” capace di innescare visioni o regressioni. È presente su alcune pareti dell’orfanotrofio abbandonato, scritta con una calligrafia infantile e ossessiva.

Nota finale

Questo glossario non serve per comprendere. Serve per riconoscere.
Quando questi termini compaiono, non siamo più nel campo della fede, della logica o dell’indagine. Siamo oltre.

E in quel territorio, anche Edgar Blackwood sa che certe parole — una volta pronunciate — non si possono ritirare.

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