Ogni simbolo racconta una storia.
Ma alcuni non si limitano a raccontare: guidano, ingannano, proteggono o condannano. Nei romanzi dell’Archivio Blackwood, i simboli non sono semplici decorazioni narrative. Sono chiavi. Codici. Tracce oscure lasciate da mani dimenticate.
Nel corso delle sue indagini, Edgar Blackwood si è imbattuto in sigilli rituali, croci alterate, glifi tracciati col sangue, simboli che affondano le radici in tradizioni perdute e culti segreti. Questi elementi non nascono dal nulla. Ogni dettaglio è studiato, contaminato da fonti reali, reinterpretato attraverso la lente del gotico ottocentesco.
Simboli che parlano
Il più ricorrente è il sigillo dell’occhio interrotto, comparso già in Le Ombre di Whitechapel. Una forma geometrica imperfetta, spesso tracciata con polvere di carbone o cera rossa, che richiama riti di osservazione e controllo spirituale. In epoca vittoriana, simboli simili erano legati alla massoneria esoterica e ad antichi culti del silenzio.
In Il Vangelo delle Ombre, alcuni frammenti di pergamena riportano lettere capovolte e combinazioni numeriche che alludono alla gematria ebraica e ai testi gnostici. Blackwood non li comprende subito. Ma li conserva. Li studia. Perché sa che ciò che è scritto nell’ombra non è fatto per essere compreso… ma per essere temuto.
Simboli come trappole
Non tutti i simboli proteggono. Alcuni attirano. Altri invocano.
Nel prossimo volume, Il Carnefice del Silenzio, il lettore scoprirà che certe figure non possono essere cancellate: tracciate con materia vivente, si imprimono nella pietra, nella carne, nella mente.
E forse, non sono stati gli uomini a inventarli.
Se ti è piaciuto esplorare il significato nascosto dei simboli dell’Archivio Blackwood, resta con noi: nei prossimi articoli ti porteremo nei vicoli oscuri della Londra vittoriana e tra i segreti non detti del nuovo romanzo.
