Quando Sherlock Holmes incontrò l’ispettore Blackwood

Una scena mai riportata nel racconto, ma che avrebbe potuto cambiare tutto.

Le nebbie di Whitechapel avvolgevano ogni cosa quella sera. Era il tipo di nebbia che non si limitava a coprire: sussurrava, spiava. E da un vicolo laterale, col bastone sotto al braccio e lo sguardo attento, comparve lui.

Sherlock Holmes.
Osservava. In silenzio. Finché, con quella sottile ironia che solo chi ha già capito tutto può permettersi, disse:

Ispettore Blackwood, se lei avesse osservato l’angolazione del sangue, avrebbe capito che l’assassino camminava zoppo. Ma per fortuna c’è ancora tempo per imparare… anche dopo Whitechapel

Blackwood si voltò, leggermente infastidito, ma incuriosito. Era raro che qualcuno osasse quella superiorità senza essere odiabile. Holmes lo faceva con naturalezza.

E lei invece, signor Holmes,” rispose Blackwood accennando a un sorriso, “dovrebbe passare più tempo con i vivi. Ogni tanto aiutano a capire anche i morti.

Fu l’inizio di un’alleanza insolita. Due menti opposte. Due approcci diversi alla verità.
Uno con la logica. L’altro con l’istinto. Entrambi, però, costretti ad ammettere che qualcosa… stava sfuggendo alla ragione.

In Le Ombre di Whitechapel, Sherlock Holmes compare davvero. Ma il suo incontro con l’ispettore Blackwood è qualcosa di più di un semplice cameo. È uno scontro tra visioni del mondo. È un passaggio di torcia. È l’ingresso della logica dentro l’incubo.

E se vuoi scoprire com’è davvero andata, senza anticipazioni, puoi farlo tra le pagine del racconto. Lì dove la nebbia si dirada… solo per mostrare qualcosa di più oscuro.

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